Ricerche e Scoperte

L’impatto della pandemia sui pazienti “no Covid”

Qual è stato l’impatto della pandemia sulle patologie in acuto e in cronico diverse dal COVID-19? Risponde lo studio della Fondazione The Bridge con Università di Pavia, Intexo e Simeu, presentato durante l’incontro “L’impatto della pandemia sui pazienti no Covid” al quale hanno preso parte Rosaria Iardino, Presidente “Fondazione The Bridge”; Alessandro Venturi, Professore di Diritto amministrativo e di Diritto regionale e degli enti locali presso il Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università degli Studi di Pavia, Membro Comitato Strategico Fondazione The Bridge e Presidente della Fondazione IRCCS San Matteo; Damiano Fuschi, Professore di diritto pubblico comparato presso il Dipartimento di Diritto Pubblico italiano e Sovranazionale, Università degli studi di Milano; Mariangela Prada, CEO & Partner Intexo Società Benefit; Gabriele Savioli, Referente Ricerca e Consigliere Direttivo Regionale SIMEU Lombardia e Referente Nazionale Formazione a Distanza SIMEU; Luisa Brogonzoli, Responsabile Centro Studi Fondazione The Bridge; con la moderazione di Andrea Zatti, Professore di Finanza Pubblica Europea e di Politiche Pubbliche e Ambiente presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Pavia.

L’obiettivo principale è stato quello di misurare quanto successo durante la pandemia da COVID-19 e di evidenziare come abbia permeato la vita di tutta la popolazione. “Innanzitutto– ha dichiarato Rosaria Iardino– lo studio ha mostrato come la crisi sanitaria abbia messo in evidenza i limiti del Sistema Sanitario italiano, ascrivibili principalmente ai tagli lineari alla spesa avvenuti negli ultimi anni. È necessario configurare un sistema resiliente a questo tipo di shock al fine di poter operare al meglio nel futuro in situazioni analoghe”. “Già all’indomani della pandemia, insieme a Fondazione The Bridge, avevamo iniziato ad interrogarci sugli effetti che avrebbe avuto sulle altre patologie – ha aggiunto Alessandro Venturi – Questa pandemia ha mostrato la debolezza della ‘logistica’ del sistema sanitario nazionale: la gestione interna degli ospedali con le varie misure di contenimento ha penalizzato altri reparti invasi dai pazienti Covid. Al netto della fase iniziale, l’aspetto strano è che ancora il sistema è sotto pressione. Non erogando prestazioni sanitarie fuori dall’ambito Covid è il caso di andare a vedere che impatto ha avuto l’erogazione del resto delle prestazioni”.

I pazienti no-Covid sono stati raggruppati in diverse categorie: quelli che sono riusciti a proseguire i trattamenti nei tempi protocollari; quelli che hanno rinunciato di propria volontà; i pazienti a cui non è stata effettuata una diagnosi; infine, i pazienti long-Covid e le persone che presentano sintomi da long-Covid di tipo psicologico. 

“La pandemia ha causato uno shock che ha evidenziato le criticità latenti nei percorsi di gestione e presa in carico dei pazienti – ha spiegatoLuisa Brogonzoli – in particolare sul modello organizzativo ospedalocentrico e sul definanziamento del Sistema Sanitario e tagli imposti in ambito sanitario”.

Si è inoltre osservato il fenomeno del sovraffollamento in Pronto Soccorso: la causa più frequente è l’access block, ossia la condizione che si verifica quando l’uscita dal Pronto Soccorso dei pazienti, valutati come bisognosi di ricovero ospedaliero, viene ritardata per più di otto ore proprio a causa della mancanza di disponibilità di posti letto in un reparto di degenza ordinaria. Durante la prima ondata di COVID-19, si è potuto registrare un calo di circa il 40% del volume di pazienti che hanno eseguito accesso al Pronto Soccorso rispetto all’anno precedente. Per quanto riguarda invece i tempi del percorso diagnostico-terapeutico essi sono aumentati, in quanto i pazienti erano molto più complessi da gestire, richiedevano terapie e monitoraggi più lunghi e complessi.

Il crowding è un problema non solo dei Pronto Soccorso, non solo di tutto ospedale ma dell’intero sistema sanitario e di conseguenza della popolazione – ha aggiunto Gabriele Savioli – non solo dei pazienti COVID ma anche di quelli NON-COVID. Il crowding ha forti ripercussioni non solo sui tempi e sulla qualità percepita del paziente ma sull’adeguatezza delle cure e sulla mortalità. La comprensione del fenomeno si impone per trovare soluzioni efficaci allo stesso e nella fattispecie al fattore che maggiormente lo determina: l’exit block”.

Per quanto riguarda l’impatto economico della pandemia sulla spesa sanitaria nazionale, nel 2020 la spesa sanitaria totale è cresciuta fino a 123,4 mld (+ 6,5%, dove tra il 2012 e il 2019 i tassi di crescita non hanno superato il 2%, con un tasso medio annuo dello 0,9%). Mariangela Prada ha commentato: “Da un punto di vista economico, il primo anno della pandemia ha fatto registrare un significativo aumento della spesa sanitaria, con uno spostamento delle voci di spesa che riflette in maniera chiara un utilizzo meno efficiente ed efficace delle risorse e un rallentamento nell’erogazione delle prestazioni croniche e tempo-dipendenti”, mentre Damiano Fuschi ha sottolineato come “un punto imprescindibile da premettere a qualsiasi valutazione di specie è che lo Stato si è trovato a fronteggiare una emergenza senza precedenti, abbiamo memoria su come si fronteggia una guerra, un evento climatico avverso, un attacco terroristico ma non si era mai verificata una pandemia di questa portata”.