Pareri a confronto

In medicina “teoria” e “pratica” sono un binomio inscindibile
di GIAN PIERO SBARAGLIA

Non è permesso in medicina essere acculturati fino all’eccesso e trascurare al contrario il come e con quali manualità realizzare la professione.

È come pensare che essendosi laureati ieri, domani si possa entrare in sala operatoria per eseguire una appendicectomia!

Il percorso di acculturamento, pur dando per scontato che non ha mai fine, deve essere inteso sia come aggiornamento continuo sulla evoluzione delle idee e delle proposte in campo medico, ma anche costantemente accompagnato da una continua pratica che genera sicura manualità e competenze specifiche.

A ciò si aggiunga una riflessione, quella che la nostra professione si fonda su un assunto che “il Medico prima è Medico nella sua completezza, poi sceglie le varie branche della medicina cui accudire con più specificità: ma mai deve dimenticarsi dell’uomo nella sua interezza, e che ogni specialità non può fare “corpo” a sé”. Infatti, non di rado si assiste al facile girovagare di molti pazienti, inviati qua e là, per avere verifica di una diagnosi, dimenticando che ci sono sintomi comuni a più branche della medicina, sintomi “spia”, ma che il medico curante deve saper interpretare ed inviare con una specifica dettagliata richiesta, ad altro specialista.

È quello ben rilevato nel famoso “Decreto Balduzzi”, legge 158 del 13 Settembre 2012, che al punto 3 mette in evidenza, proprio per contenere il fenomeno della cosiddetta “Medicina Difensiva” un altro fenomeno, legato al credere che “la prescrizione di esami diagnostici inappropriati al solo scopo di evitare responsabilità civili,con gravi conseguenze sia sulla salute dei cittadini,sia sull’aumento delle liste di attesa e dei costi a carico delle Aziende Sanitarie”, possa servire al medico come una sorta di difesa, o meglio ancora, di liberatoria, nella malaugurata ipotesi di un suo coinvolgimento giudiziario: “Come vedete io ho fatto del tutto nel richiedere esami,consulenze, tendenti a chiarire o a mettere in evidenza meglio la diagnosi”.  

Lo stesso può applicarsi a chi lavora in strutture sanitarie, soprattutto chirurgiche, dove non raramente il paziente dimesso, però ancora sotto controllo sanitario, incappa in una qualche complicanza e ne viene addebitata la causa a cattiva sua gestione o a mancata sua inosservanza delle raccomandazioni fattegli dal medico che lo ha trattato, quando è obbligato a ritornare nella struttura per comunicare la “novità”. Tutto questo ci deve far riflettere, onde prendere coscienza del fenomeno e porci rimedio.

Il rimedio più inattaccabile è quello di dimostrare la propria competenza esercitata in quella circostanza, e che se certe cose capitano, come ad esempio le complicanze, e che questo fa parte della medicina (che spesso si vuole paragonare alla “Matematica”, ma diversamente da questa “due più due non fa mai quattro”). Dunque il medico non può e non deve posporre il suo aggiornamento, la sua competenza manuale, ad altri interessi. Il suo aggiornamento deve andare di pari passo con l’esercizio della sua professione, “usque ad finem”, cioè fino a quando cesserà di esercitarla. Solo così, a mio avviso, potrà evitare contestazioni, spiacevoli coinvolgimenti legali, da parte di un quidam da lui curato.

Questo va fatto capire a gran voce a molti nostri giovani, che spesso vengono messi in posti di responsabilità, soprattutto oggi, per la mancanza di figure sanitarie; la giovane età e la comprensibile maturanda formazione li possono infatti indurre ad essere facile bersaglio del solito “Querulus”, che li coinvolgerà, loro malgrado, in procedimenti giudiziari. Di certo non si deve fare del terrorismo psicologico o incutere paura nei riguardi di questa professione; tuttavia va fatta una certa “catechesi” a chi la vuole abbracciare, che funga da prevenzione per tali inciampi in futuro.

Dr. Gian Piero Sbaraglia,
già Primario di Otorinolaringoiatria,
Consulente Tecnico d’Ufficio Tribunale di Roma,
Direttore Sanitario e Scientifico
Centro di Formazione BLS-D, PBLSD,
accreditato ARES-118 e IRC,
Misericordia di Roma Centro.