L'intervista

COVID-19, come torneremo dal dentista?

Parola agli esperti

Mentre sono in atto le prove di ripartenza generale post-emergenza, e mentre si studiano le modalità più efficaci per convivere con il virus, proprio gli studi dentistici e le categorie di lavoratori connessi a questo settore sono tra i più a rischio: vicinanza fisica fra paziente e specialista e strumenti del mestiere sono soltanto alcuni degli aspetti più delicati che riguardano il mondo della salute dentale. Quali soluzioni? Ne abbiamo parlato direttamente con gli odontoiatri.

Mal di denti, infezioni, ascessi, problemi della bocca e della salute orale non vanno in ferie, nonostante il COVID-19. Ma nell’emergenza prima e nel post emergenza poi, andare dal dentista rappresenta una vera e propria corsa ad ostacoli. Nella percezione comune, infatti, la paura del contagio supera il beneficio derivante dalle cure, sia per il paziente sia per gli stessi specialisti. Finora i dentisti hanno trattato solo i casi urgenti ma a breve sarà necessario riprendere anche le cure ordinarie. Per questo gli odontoiatri stanno lavorando, anche loro a distanza, per trovare nuove regole e linee guida per trattamenti in piena sicurezza. 

Alessandro Rampello, Odontoiatra: Dai pazienti che mi hanno chiamato in questo periodo ho percepito ottimismo e soprattutto fiducia verso di noi. I punti fondamentali sono quattro: se e quando ci saranno terapie adeguate, se potremo fare degli screening a risposta rapida sui pazienti, studi odontoiatrici attrezzati e confronto con gli altri Paesi. Mi confronto ogni giorno con decine di colleghi e siamo un po’ spiazzati perché da una parte aspettiamo che ci consentano di riaprire gli studi, dall’altra ci poniamo questa domanda: avremo gli strumenti adatti per capire se i pazienti sono o meno positivi? Magari la possibilità di effettuare test e tamponi in studio per proteggerci? Ed intanto ci stiamo attrezzando al meglio per mettere in sicurezza gli ambienti dove lavoriamo: con mascherine adeguate, visiere, caschi, guanti, camici monouso impermeabili. Stiamo studiando come poter dare appuntamenti scaglionati per far sì che i pazienti non si trovino insieme in sala d’attesa e per avere il tempo di sanificarla, così per la sala operativa. Ad oggi il contenimento sta riuscendo ma bisognerà osservare, dopo il 4 maggio, con le riaperture progressive delle attività, se ci saranno nuove ondate di contagi oppure no. Stiamo anche monitorando, come categoria, come si stanno attrezzando altri Paesi, che sono già nel vivo della fase 2: sarebbe utile chiedere alla Corea, ad esempio, come si è organizzata o alla Cina, dove hanno già riaperto gli ambulatori odontoiatrici. Anche questo tipo di confronto trasversale sarà fondamentale.

Livio Gallottini, Odontoiatra: Ci siamo attrezzati preventivamente, già dal 24 febbraio, quando abbiamo fatto un primo ordine di guanti e mascherine ed abbiamo anche immediatamente attivato una sorta di protocollo interno su igiene e sicurezza. Di conseguenza i miei pazienti non si sono preoccupati troppo, perché hanno molta fiducia in noi. Da quando è iniziato il lockdown, abbiamo inviato loro un’informativa, sia per rassicurarli sia per illustrare i nuovi protocolli di sicurezza, prevenzione e controllo che abbiamo messo in atto. La situazione è fluida ed abbiamo agito nella massima trasparenza. Per quanto riguarda l’operatività dello studio finora abbiamo concentrato le forze sulle urgenze indifferibili ma, guardando al futuro, è chiaro che l’obiettivo sarà reintegrare anche tutti gli altri pazienti, continuando ad osservare strettamente le norme.  Abbiamo spostato almeno 200 interventi di ortodonzia, fissandoli proprio il dopo 4 maggio, con queste direttive: un’ora di appuntamento per ogni paziente, ben 5 sale operative, nessun tipo di contatto tra le persone. La sala d’attesa è stata proprio chiusa e si entrerà uno alla volta con una procedura molto accurata e precisa: si fa un triage telefonico preliminare, si prende la temperatura al paziente, bisognerà venire da soli senza alcun accompagnatore, si dovrà compilare una sorta di “autocertificazione” dove si attesta di stare bene e di non aver avuto contatti con persone contagiate dal virus. Certamente tra i colleghi, in particolare quelli molto giovani, la paura c’è. Non tutti sono stati disponibili a continuare a lavorare con la pandemia in corso ma se ci pensate bene, quando si tratta di problemi dentali, difficilmente si può rimandare! Perciò ho agito subito.

Ruggero Ingletto, odontoiatra: I miei pazienti hanno un rapporto di grande fiducia con noi quindi non hanno manifestato grandi paure o insicurezze. Come professionista mi sono adeguato alle disposizioni generali, dal distanziamento sociale alle norme di igiene e sicurezza. Lavoro solo su appuntamento quindi non ci sono contatti tra le persone e questo mi ha consentito di continuare a svolgere la mia attività normalmente. Disponiamo di mascherine chirurgiche ed abbiamo un numero sufficiente di guanti. Per il futuro farò venire le persone con la mascherina, dovranno necessariamente disinfettare le mani, dovranno indossare i guanti. Mi sto attrezzando ulteriormente per la sanificazione dell’ambiente, con prodotti che nebulizzano alcol e dunque possono garantire il massimo igiene. Già in passato utilizzavo i disinfettanti di superficie, ora aggiungeremo dei dispositivi di aspirazione, che hanno degli standard qualitativi maggiori. Valuteremo man mano ma siamo già a buon punto! La paura del contagio, secondo me, è caratteriale: c’è chi si agita più facilmente e chi ha una maggiore razionalità. Non possiamo fare delle previsioni reali su quando finirà la pandemia, possiamo solo seguire le regole e comportarci consapevolmente. L’essere umano non può essere privato per sempre delle relazioni sociali o l’interazione con gli altri: quindi o ci si isola realmente, finché tutto non sarà finito, oppure dovremo imparare a convivere con il virus. Facciamo di tutto per proteggerci, ed è corretto, ma questo non significa rinunciare alla vita!