L'intervista

“COVID, LA GUARDIA RESTI ALTISSIMA!”
parla Leonida Iannantuoni

9 Dicembre 2020

Il calo della curva e le prossime festività natalizie non devono far pensare che il peggio sia ormai passato. Il Dottor Leonida Iannantuoni, medico di medicina generale e Presidente del Comitato Tecnico Scientifico ASSIMEFAC, ci invia alcune considerazioni sulla pandemia e ci descrive le attuali criticità del sistema sanitario.

Iniziamo da una panoramica generale: il rallentamento dei nuovi contagi può essere considerato un primo buon segnale dopo mesi di emergenza?

Il rallentamento dei contagi è da ritenersi un’ottima notizia, ma non autorizza ad un alleggerimento delle misure precauzionali. Anzi, essendo ormai chiaro che proprio queste misure sono realmente efficaci nel contrastare la circolazione del virus, tale segnale deve essere di sprone a non abbassare la guardia ed a non cedere alla tentazione di concederci comportamenti potenzialmente a rischio.

Quali sono, ad oggi, le criticità maggiori?

È tutto il sistema sanitario che si trova ad affrontare delle criticità rispetto alle quali, di fatto, non era preparato. Non dimentichiamo che l’ultima pandemia risale al 1968, mi riferisco alla pandemia influenzale di Hong Kong, anche in tale occasione si ebbe, nel mondo, oltre un milione di decessi ed anche in quella occasione a farne le spese furono le fasce più fragili di pazienti come gli over 65.
Dopo oltre cinquanta anni, si era persa la “memoria organizzativa” di come affrontare, quanto meno in occidente, un evento pandemico.  La rete ospedaliera, nei decenni, è stata pensata ed organizzata per le “patologie emergenti” e mi riferisco alle patologie cardiovascolari, oncologiche, alle neuropatie ed alle patologie dell’apparato respiratorio quali la BPCO e l’insufficienza respiratoria da esposizione al fumo, ad inquinanti ambientali o da esposizione ad inquinanti derivanti da attività lavorative. Non dimentichiamo inoltre che le terapie intensive hanno subito negli anni un progressivo depauperamento in termini di posti letto e soprattutto di personale e pertanto esternazioni del genere “possiamo arrivare a 11.500 unità di terapia intensiva” sono solo demagogiche poiché personale, medici ed in infermieri, in grado di adoperare tali tecnologie non si inventa ma si forma in anni.

Che momento è questo per la medicina territoriale?

La medicina territoriale, intesa come specialistica ambulatoriale, assieme agli ospedali, sta accumulando, giocoforza, un incremento delle liste di attesa, perché molte U.O. e/o molti servizi sono stati riconvertiti per prestare la loro opera professionale a favore dei pazienti Covid e questa è una criticità di cui ci renderemo meglio conto nel prossimo futuro.
La Medicina di Famiglia sta pagando un prezzo altissimo, inteso come impegno, nello sforzo di tutto il Sistema Sanità. Il Medico di Famiglia è l’operatore oscuro, spesso non menzionato o se menzionato lo è a sproposito, mi riferisco ad una vera e propria campagna denigratoria che ha subito in questi tempi la categoria, che sopporta senza battere ciglio l’incremento del carico lavorativo derivante da tale contingenza. Incremento di lavoro clinico, assistenza ai pazienti Covid, assistenza ai pazienti acuti e cronici, assistenza psicologica per persone che risentono negativamente di tale situazione e, purtroppo, lavoro burocratico. Non voglio pensare all’ulteriore impatto che subirà la Medicina Generale ed il Sistema Sanità, nel suo complesso, con l’arrivo della prossima epidemia influenzale.

La divisione dell’Italia a zone ha funzionato?

Certo, quanto meno nel contenimento dei casi di infezione. Da medico, avrei optato per misure più rigide stile quelle adottate a marzo scorso, ma capisco che l’impatto economico-sociale sarebbe stato devastante e che i rappresentanti al governo abbiano dovuto tener conto di altre e contingenti esigenze.

In qualità di Presidente del Comitato Tecnico Scientifico ASSIMEFAC ha collaborato all’emissione di un documento di supporto al governo: quali linee guida avete individuato?

Attualmente, ed è doloroso ammetterlo, non abbiamo una terapia efficace e validata, di fatto curiamo, come succede per la patologia influenzale, i sintomi e le complicanze. Anche l’arrivo del vaccino non significherà una cura della malattia ma, solo, una prevenzione. Non sottovalutiamo, inoltre, le problematiche legate all’organizzazione di una campagna vaccinale di massa e di tale portata. L’unica misura efficace attualmente a disposizione è l’adozione di politiche atte a ridurre la diffusione del virus. L’ ASSIMEFAC, così come altre Società Scientifiche e la Federazione Nazionale degli Ordine dei Medici, ha raccomandato alle Istituzioni di non concedere ammorbidimenti di suddette politiche e, devo dire, che tali raccomandazioni sembrano essere state recepite anche se con alcune deroghe che, da medico, non condivido e mi preoccupano, ma probabilmente servono a disinnescare tensioni sociali.