Medico-Paziente

Vaccino italiano Takis in sperimentazione, il Pascale di Napoli in prima linea.
Intervista al dg ATTILIO BIANCHI

Ha preso il via la sperimentazione della fase 1 del vaccino italiano anti Covid della Takis. Coinvolgerà 80 volontari in tre centri, per valutare la sicurezza e la tollerabilità. Tra gli altri c’è anche l’Ospedale Pascale di Napoli.
Ne parliamo con il Professor Attilio A. M. Bianchi, direttore generale.

Insieme al San Gerardo di Monza e allo Spallanzani di Roma, anche voi sarete in prima linea sul fronte della sperimentazione del vaccino italiano Takis. Quali saranno i prossimi step? In che modo sarete coinvolti?

Si, il Pascale sarà centro coordinatore per la sperimentazione del vaccino Takis e parteciperà a tutte le fasi di sperimentazione del vaccino. Partiremo dalla fase 1, che sperimenterà il farmaco su un numero limitato di volontari, per valutarne la tossicità. Poi, una volta ottenuti i risultati da questa prima fase, che dovrebbe durare circa 2 mesi, inizierà la fase II e successivamente la fase III, in cui il vaccino sarà confrontato con il placebo e ci permetterà di valutarne l’efficacia reale. Se tutto va come speriamo, per la fine dell’anno prossimo dovremmo avere i dati definitivi con cui procedere alla richiesta di autorizzazione da parte degli enti regolatori.

Il vaccino anti Covid si basa su una tecnologia diversa da quelli già disponibili, che sono a mRna o a vettore virale. È, infatti, un vaccino a dna: cosa significa?

Il vaccino a DNA, a differenza dell’RNA che è una molecola che va conservata a temperature molto basse, è invece stabile e non necessita di particolari temperature per essere conservato o trasportato. Inoltre, proprio come l’RNA, può essere modificato molto velocemente secondo le sequenze delle varianti emergenti del coronavirus. Infine, la somministrazione può essere ripetuta anche più di una volta, in caso di necessità, per permettere una maggiore risposta immunitaria.

Perché è così importante che le strutture pubbliche siano coinvolte nella sperimentazione?

La sanità pubblica del nostro paese è uno dei settori più importanti e di cui soprattutto dobbiamo essere più fieri. Senza la nostra sanità, che ha permesso di offrire un letto a tutte le persone che ne avevano bisogno, ora saremmo nel caos totale. Questa pandemia ha permesso di riconoscere, per l’ennesima volta e con maggior convinzione, quanto sia fondamentale offrire a tutti e nel modo migliore prestazioni mediche e soprattutto quanto sia fondamentale la ricerca scientifica. L’emergenza italiana da SARS-CoV-2 la sta gestendo la sanità pubblica, che pur in difficoltà a causa dei numerosi tagli, è riuscita fino ad ora a mantenere il controllo della situazione ed è giusto che dimostri il suo valore anche in questa fase.

Cambiando argomento: la telemedicina è recentemente sbarcata all’Istituto dei tumori Pascale di Napoli: quali sono le principali potenzialità di questo strumento? Come si evolve il rapporto medico-paziente?

La telemedicina credo possa essere annoverata tra le armi più importanti che abbiamo al momento a disposizione e, questo periodo, ci ha dato la possibilità di spingere al massimo per la sua realizzazione. Credo possa corrispondere alla fase avanzata dei contatti telefonici o delle mail, mezzi importanti attraverso cui abbiamo interagito con i nostri pazienti nel corso della prima fase della pandemia.
In molti campi, e l’oncologia è una di queste, avere la possibilità di parlare con il proprio medico, porre dei quesiti, risolvere dei problemi, mostrare dei risultati, stando comodamente seduti a casa, senza la necessità di fare file, attendere il proprio turno, facilitando i pazienti anziani, più fragili ed extra-regione, risulta essere fondamentale. È chiaro che questo tipo di visita non può sostituire sempre quella classica, in cui la clinica può essere determinante per scegliere il tipo di terapia da proporre al paziente, ma ci sono tanti altri contatti tra medico e paziente, che necessitano di un supporto importante e la telemedicina può essere la soluzione.

Avete fatto anche partire l’assistenza domiciliare per i pazienti affetti da COVID-19 con l’uso di devices digitali: è questa la strada del futuro?

Abbiamo sperimentato alcuni devices tra cui un orologio collegato con una propria piattaforma certificata, e ci è servito per affrontare la dimensione della teleassistenza. Era uno smart device in grado di trasmettere parametri funzionali quali la saturazione, la temperatura corporea, la frequenza cardiaca e respiratoria e la pressione. Poi ci siamo dotati di una nostra piattaforma in grado di supportare qualsiasi device provvisto di bluetooth, in modo che, nel prossimo futuro, potremo avere strumenti simili anche per monitorare i pazienti oncologici dimessi, costituendo un valido strumento per tenere sotto controllo tutti quei pazienti che ne hanno necessità, semplicemente da casa. Questo approccio, insieme alla telemedicina, è già la sanità del futuro. E intanto, ci stiamo preparando per passare dalla è health alla digital health, probabilmente cominciando dal melanoma. E di questo parleremo nella prossima intervista!