Diritti e Doveri

Indennizzi per i danni da vaccino anti COVID-19

5 Ottobre 2021

Di Marianna Rillo, ufficio legale Club Medici.

Secondo il report che emerge dall’ottavo Rapporto di farmacovigilanza diffuso dall’Aifa[1], numerose sono le richieste per i danni riscontrati a seguito della somministrazione dei quattro vaccini in uso nella campagna vaccinale in corso. Le segnalazioni registrate nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza tra il 27 dicembre 2020 (giorno dell’avvio della campagna vaccinale) e il 26 agosto 2021, riportano che sono 84.000 le richieste pervenute per danno vaccinale COVID-19 (contro le 700 registrate negli ultimi 40 anni), e se fino allo scorso anno la cifra annuale messa a bilancio per questo genere di indennità è stata di 30 milioni di euro, di conseguenza nella scorsa legge di bilancio, questa somma è stata aumentata a 50 milioni di euro.

Ma cosa si intende per indennizzo e quando spetta?
In via preliminare, è necessario tracciare una distinzione tra indennizzo e risarcimento.

  • L’indennizzo, espressamente previsto dalla legge, è una sorta di compensazione forfettaria sul disagio causato al soggetto e deriva da una condotta del tutto lecita (diversamente dal risarcimento che segue un atto illecito). Nello specifico si tratta di una misura economica di sostegno di natura indennitaria, avente funzione riparatoria e non di ripristinare la situazione preesistente al verificarsi del danno (come avviene invece nel caso del risarcimento). Il suo ottenimento prescinde dalla colpa e dipende dal semplice fatto di aver subito un pregiudizio. L’indennizzo non pregiudica la richiesta di risarcimento del danno
  • Il risarcimento è invece un ristoro che consegue a un atto illecito, trova il proprio presupposto nell’accertamento di una responsabilità colposa o dolosa dei sanitari come stabilito dall’art. 2043 c.c. Per cui se per ottenere l’indennizzo occorre dimostrare l’esistenza di una patologia provocata dal vaccino, in questo caso invece bisogna promuovere una causa e dimostrare i profili di responsabilità. Con il risarcimento è possibile ottenere una forma di ristoro piena, comprensiva di tutti i pregiudizi subiti (morale, patrimoniale, esistenziale ecc) e non soltanto una somma forfettaria come previsto per l’indennizzo (che, come detto sopra, è una misura di solidarietà sociale con funzione assistenziale). È quindi possibile ottenere il risarcimento per i danni da vaccino nel caso in cui questi potevano essere previsti ed evitati, ad esempio perché il vaccino è stato eseguito nei confronti di un soggetto cui era controindicato per la presenza di patologie pregresse. Al di fuori di questi casi il danno sarà semplicemente indennizzabile.

Quale danno è indennizzabile?
Si ha diritto ad un indennizzo in caso di lesione permanente dell’integrità psico-fisica. Non rilevano dunque le lesioni o infermità da cui non derivi una lesione permanente come nel caso di febbre, mal di testa, dolori muscolari, dolori della parte del corpo vaccinata, arrossamenti ecc.

In cosa consiste l’indennizzo?
L’indennizzo consiste in un assegno mensile vitalizio, o in caso di morte in un assegno da erogare una tantum ai familiari del soggetto deceduto. La legge ha poi riconosciuto un ulteriore indennizzo di importo pari a sei volte la somma percepita dal danneggiato. Esso è corrisposto per la metà al soggetto danneggiato e per l’altra metà ai congiunti che prestano o abbiano prestato al danneggiato assistenza in maniera prevalente e continuativa. Se il danneggiato è minore di età o incapace di intendere e di volere l’indennizzo è corrisposto per intero ai congiunti conviventi.
L’assegno si compone dunque di due quote: una somma determinata sulla base dell’invalidità accertata – cumulabile con altri eventuali assegni di invalidità– e un’indennità integrativa speciale.
Rimane fermo il diritto al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale derivante da fatto illecito.

In tema di trattamenti vaccinali si possono seguire due tecniche:

  • il vaccino può essere obbligatorio, per legge o per ordinanza di un’autorità sanitaria, con conseguente sacrificio della libera determinazione individuale attraverso la previsione di un dovere e della corrispondente sanzione
  • o può essere raccomandato, nel caso in cui le autorità sanitarie preferiscono fare appello all’adesione degli individui. Tale è stata la scelta del legislatore riguardo alla campagna vaccinale anti COVID-19.

L’obiettivo che entrambe le tecniche perseguono è unico: la tutela della salute individuale e collettiva (Cost. art.32), attraverso il raggiungimento della massima copertura vaccinale.

Qual è la norma di riferimento?
In tema di indennizzi per i danni causati da vaccini la norma di riferimento è la legge n.210 del 1992, a cui rimandano anche gli artt. 1[2] e 4[3] della legge n.229 del 2005. Secondo la quale i soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni di sangue e somministrazione di emoderivati possono fare richiesta di riconoscimento economico. La legge n.210 del 1992, all’art.1 prevede che “chiunque abbia riportato lesioni o infermità a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto a ottenere un indennizzo da parte dello Stato”. È una sorta di “contro-bilanciamento” che lo Stato offre in caso di pregiudizi, un meccanismo di assistenza, indennitario, dal momento in cui impone ai cittadini un determinato trattamento sanitario per la salvaguardia della salute della collettività, comprimendo la libertà di autodeterminazione del singolo.

Il limite di questa legge è evidente. Essa riconosce un ristoro economico solo a seguito di vaccinazioni obbligatorie. Questo limite è stato superato dalla Corte Costituzionale, adita dalla Cassazione che ha sollevato dubbi di costituzionalità dell’art. 1[4], comma 1, della legge n. 210 del 1992, in riferimento agli artt. 2[5], 3[6] e 32[7] della Costituzione, nella parte in cui non ha previsto che il diritto all’indennizzo spetti anche nel caso di lesioni o infermità, a causa di vaccinazioni non obbligatorie, ma raccomandate[8].
La Corte Costituzionale ha chiarito che, in ambito medico, raccomandare e prescrivere sono azioni percepite come egualmente doverose in vista di un determinato obiettivo, cioè la tutela della salute (anche) collettiva. In presenza di una effettiva campagna a favore di un determinato trattamento vaccinale, è naturale che si sviluppi negli individui un affidamento nei confronti di quanto consigliato dalle autorità sanitarie (Corte Cost. n.118 del 2020) per cui resta del tutto irrilevante che l’effetto dell’immunizzazione sia riconducibile ad un obbligo o ad una persuasione (Corte Cost. n.107 del 2012). Il diritto all’indennizzo si fonda sulle esigenze di solidarietà sociale che impongono alla collettività di farsi carico dei danni che il cittadino abbia subito per essersi sottoposto ad una vaccinazione, anche nell’interesse della collettività.

Già in passato, tra l’altro, la Corte Costituzionale ha deciso su fattispecie simili. Ciò è avvenuto in particolare a seguito di effetti negativi sulla salute a causa di vaccino antipolio nel 1998, di vaccino per morbillo, parotite e rosolia nel 2012, e ancora per il vaccino contro l’epatite C nel 2000. In ultimo appare opportuno menzionare la recentissima sentenza della Cassazione che nel 2020[9], nel caso di una vaccinazione antiepatite A, non obbligatoria, ha esteso la previsione dell’indennizzo come deciso in precedenza dalla Corte Costituzionale.
La Corte, nel corso del tempo ha quindi allargato la platea dei beneficiari dell’indennizzo, per cui oggi è chiaro, nel caso della vaccinazione anti COVID-19 (fortemente raccomandata), l’indennizzo non può essere escluso[10].
In ogni caso, secondo quanto ha affermato la Corte costituzionale[11], il mero riscontro della “natura raccomandata” della vaccinazione non consentirebbe ai giudici di estendere automaticamente a tale fattispecie la comune ratio delle precedenti declaratorie di illegittimità costituzionale della legge n.210 del 1992. L’interpretazione costituzionalmente orientata della norma non è sufficiente. Per il riconoscimento dell’indennizzo è pur sempre necessario passare per un nuovo giudizio di legittimità costituzionale che verifichi, nel caso concreto, la sussistenza dei chiari principi espressi dalla Corte.

Come si fa a richiedere l’indennità?
L’indennizzo deve essere richiesto con apposita domanda indirizzata all’Azienda Sanitaria di appartenenza (ASST) allegando la documentazione comprovante la data della vaccinazione, ogni dato relativo al vaccino, le manifestazioni cliniche conseguenti alla vaccinazione e l’entità delle lesioni o dell’infermità da cui è derivata la menomazione permanente.
Se il danneggiato è deceduto, l’istanza può essere proposta dagli eredi. Una volta ricevuta la domanda, l’ASST la inoltra alla Commissione Medica Ospedaliera (CMO), che a sua volta provvede a convocare a visita medica l’interessato, ad esaminare la documentazione sanitaria e a redigere il giudizio sul nesso causale tra l’infermità e la vaccinazione.
Il diritto all’indennizzo si prescrive in tre anni decorrenti dal momento in cui si ha avuto piena conoscenza dei danni provocati dalla vaccinazione. In seguito l’ASST comunica l’esito al cittadino e se positivo invia i dati all’Agenzia della Tutela della Salute (ATS) che provvede alla parte economica.

Il consenso informato esclude dalla responsabilità?
Anche qui, la Corte Suprema[12] ha posto un orientamento chiaro.
Il consenso informato, quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, impone che quest’ultimo fornisca al paziente, in modo completo ed esaustivo, tutte le informazioni scientificamente possibili riguardanti le terapie che intende praticare o l’intervento chirurgico che intende eseguire, con le relative modalità ed eventuali conseguenze, sia pure infrequenti, col solo limite dei rischi imprevedibili, ovvero degli esiti anomali, al limite del fortuito, che non assumono rilievo secondo id quod plerumque accidit, in quanto, una volta realizzatisi, verrebbero comunque ad interrompere il necessario nesso di casualità tra l’intervento e l’evento lesivo”.
Occorre in ogni caso precisare che la lesione del consenso informato comporta un risarcimento del danno. Il paziente infatti deve essere messo nelle condizioni di esprime un consenso volontario e soprattutto consapevole. Su questo punto, anche il Codacons a gennaio del 2021,ha considerato nullo ilconsenso informato “in assenza di informazioni sui possibili danni a lunga distanza”. L’esonero di responsabilità per eventuali danni cagionati dal vaccino anti COVID-19 è del tutto contraria alla legge, nonché ai diritti costituzionalmente garantiti al singolo quali, in primo luogo, il diritto alla salute.
Per cui il modulo di cui si richiede la sottoscrizione per poter accedere alla campagna di vaccinazione contro il COVID-19 è da ritenersi contrario ai principi del nostro ordinamento e, quindi, nullo, nella parte in cui prevede un esonero di responsabilità in favore dell’azienda produttrice e del personale sanitario per eventuali reazioni avverse, danni a lunga distanza ovvero inefficacia della vaccinazione.

Quindi se si firma il modulo del consenso alla vaccinazione e il vaccino crea problemi alla salute, a chi ci si deve rivolgere per avere un risarcimento?
La Cassazione proprio di recente ha avuto modo di chiarire con la sentenza n. 12225 del 2021, in relazione a un caso in cui un farmaco ha creato problemi di salute a un paziente, che il responsabile dei danni è il produttore del farmaco stesso se il bugiardino presenta un contenuto generico che non consente al consumatore di essere consapevole dei rischi a cui va incontro.


[1] Agenzia Italiana del Farmaco
[2] Art. 1, della legge n.229 del 2005, “Ai soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210, è riconosciuto un ulteriore indennizzo…”
[3] Art. 3 comma 1, della legge n.229 del 2005, I soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie che usufruiscono dei benefici di cui alla legge n. 210 del 1992, aventi in corso contenziosi giudiziali, ai sensi della medesima legge, in qualsiasi stato e grado del giudizio, ivi compresa la fase esecutiva, i quali intendono accedere ai benefici previsti dalla presente legge, debbono rinunciare con atto formale alla prosecuzione del giudizio.”
[4] Art.1 comma 1, della legge n.210 del 1992, “Chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge.
[5] Art.2 Cost. “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”
[6] Art.3 Cost. “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. `E compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
[7] Art.32 Cost. “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
[8] Sentenza n.118 del 26 maggio 2020
[9] Sentenza n.7354 del 2 dicembre 2020 (sez. lavoro)
[10] Tra le tante anche sentenza n.268 del 2017
[11] Sentenza n.268 del 2017 e sentenza n.118 del 2020
[12] Sentenza n. 27751 del 2013