Pareri a confronto

Lo studio della Natura in medicina
di GIAN PIERO SBARAGLIA

31 Maggio 2022

Sono la conoscenza ed il rispetto delle leggi della natura che devono regolare e guidare la ricerca scientifica.

Questa considerazione ci viene data dalla stupenda e vera riflessione di un nostro grande maestro, Giorgio Baglivi (1668 – 1707): IL MEDICO È MINISTRO DELLA NATURA ALLA QUALE SE PRIMA NON OBBEDISCE, NON PUO’ IN SEGUITO COMANDARE”.

Non è difficile oggi rendersi conto che la voglia dell’apparire, del primeggiare, nel mettersi sempre in prima fila, per giunta con arroganza e sfrontatezza, ci sta conducendo alla perdita di quella umiltà, di quella modestia, che sono alla base della vera ricerca, quella fatta in nome del benessere dell’uomo, mantenendo integro l’Ordine della Natura.

Invero, la fame di notorietà la voglia del prevalere, la coscienza di poter dominare tutto e tutti, perché arrivati al potere privilegiati dal possesso della “cultura dei furbetti del quartiere”, fa di certi intellettuali elementi che dominano la scena della cultura, coscienti che loro e solo loro, hanno in mano le chiavi del sapere, gli altri non “son nessuno”.

Tutto questo proviene dalla costatazione che strani fenomeni stanno insorgendo proprio in natura, fenomeni “anormali”, che forse sono la risposta logica alla alterazione di equilibri, di leggi per mano nostra, alterazione alla quale la Natura si sta ribellando.

Infatti in nome di un progresso a tutti i costi, dove preponderante è la ricerca di una apparente e quindi posticcia idea del bene, di una aberrante felicità, porta l’uomo, unico essere vivente in Natura a possedere la “ragione”, ad usarla, o meglio ad abusare di questo suo dono nel voler, costi quel che costi, dominare, modificare e talvolta contrastare quello che la Natura – così come l’abbiamo trovata fin dal nostro nascere in essa – ci presenta momento per momento.

Quanta immissione di sostanze inquinanti nell’ambiente in cui viviamo e per mezzo del quale “viviamo”! L’uomo da anni sta ammorbando il suo habitat, specie a motivo della creazione di energia necessaria a far muovere tutta l’industria, la quale nella sua movimentazione genera a sua volta altro inquinante, aggiungendo veleno a veleno!

Da anni si sta parlando di energia pulita, di trovare soluzioni alternative alle emissioni di inquinanti, ma la forza dei proventi introitati con l’industria, messa in moto da questo tipo di energia inquinante, è più forte delle buone idee.

Di certo saremmo tacciati da “retrogradi”, da antiprogressisti, da anacronistici, perfino da antistorici, se dovessimo suggerire o predicare un ritorno all’energia del passato, energia naturale, oggi dimenticata o – se vogliamo essere indulgenti – accantonata. Come non ricordare l’energia dell’acqua, madre dell’energia elettrica pulita come non mai, e madre dell’energia di movimento, soprattutto nelle aree montane dove le acque di fiumi e torrenti, scendenti a valle, incanalate in apposite tubature, facevano muovere, attraverso idonee pale, pesanti macine per i mulini, o grosse dinamo – simili a quelli delle biciclette  e la cui invenzione viene attribuita al nostro Antonio Pacinotti (1860), che attraverso il turbinio di un rotore immerso in un campo magnetico, producevano elettricità.

Si aggiungano “i mulini a vento” che con l’energia eolica portavano allo stesso risultato.

Nostalgia del passato? Assolutamente no, ma è il mettere il dito nella “piaga” dell’uso poco adeguato della nostra “ragione-intelligenza” che ha condotto l’uomo nella ricerca di soluzioni energetiche che non hanno tenuto conto – come non ce lo hanno!- della sicurezza del nostro ambiente, perché preponderante e remunerante per l’economia, per l’industria, è l’uso di fonti energetiche, che pur se tratte dalla natura, vengono modificate  per i propri usi dall’uomo, non tenendo conto che tali modificazioni, stanno gravemente alterando l’equilibrio naturale, in modo irreversibile!

Ecco ad esempio la scoperta del Petrolio il cui uso per l’industria ha fatto scoprire nel tempo l’enorme inquinamento da parte dei mezzi di trasporto, quali auto, aerei, navi, e chi più ne ha più ne metta. A questo fa seguito oggi, dopo tanto inquinamento da parte di gas di scarico di questi mezzi, e non solo, la ricerca affannosa di energie alternative “pulite”, come le auto elettriche e altro, consci che continuare così, con questa produzione di tossici, specie nell’aria, si condurrà l’umanità al suicidio. E ci vuol poco a scoprire come l’aria del nostro ambiente si presenta, specie in città, ricca di PM10 nocive e altro, quando, la mattina, pulendo un tavolino di cristallo, nel nostro balcone, lo straccio usato diventa nero per la polvere ivi depositatasi: questo avviene tutti i santi giorni, da farci così meditare su quante scorie aeree, di certo patogene per i nostri polmoni, respiriamo ogni giorno, a discapito della nostra salute. È di questi giorni un articolo comparso nelle “NEWSLETTER – OMCEO –ROMA” (27 maggio 2022), nel quale l’ENEA mette in guardia dall’aumento di inquinamento atmosferico da parte di Ozono e PM10, a Roma e Milano che nel 2050 raggiungerà la soglia dell’8% in più a Roma e del 6% in più a Milano.

Dobbiamo aspettare quella data per favorire studi e ricerche atti a bonificare il nostro ambiente?

Omettiamo di proposito di allargare il discorso alla produzione di alimenti, carni o prodotti di terra, oggi fortemente aiutati da quantità di concimi, che solo da qualche tempo vengono definiti “sostenibili” o “biologici”, ma che per decenni hanno dato un ottimo contributo –e chissà che non lo diano ancora- ad una produzione di prodotti agricoli mai visti, quali pomodori che sembrano angurie, frutta di un formato non naturale, finocchi inverosimili per grandezza e tanta altra verdura.

Il nostro modo di fare ricerca di certo va ripensato. La ricerca deve essere sempre accompagnata dalla riflessione che essa debba studiare la Natura nella sua globalità, ma sempre rispettandone le leggi, anche se apparentemente queste possano costituire un pericolo per l’uomo. Ma ecco il punto: l’uomo deve prendere atto di queste leggi, studiarle, e laddove possibile, creare mezzi adeguati a difendersene, nel rispetto della sua integrità e dell’integrità della Natura stessa.

Ecco allora applicare queste riflessioni a quanto accaduto con la con la pandemia Covid-19. Un virus “naturale”, della famiglia dei Coronavirus, viene isolato e studiato in un laboratorio cinese. Questa famiglia di virus non era ignota, essendo stata già scoperta e classificata nel lontano 1949 da Enders e coll., il quale, con particolari metodiche delle colture di tessuti applicate per i virus, riuscì ad identificare, ad esempio, numerosi Virus Parainfluenzali,  tra questi anche il Coronavirus; virus che dando sintomi simili al raffreddore e all’angina, potevano causare una Sindrome Respiratoria Acuta Grave, con vera e propria polmonite ( Enders ,J.F. e coll.- 1949, citato da “ Influenza-i virus e la malattia”- di  Sir Charles H. Stuart-Arris, Geoffrey C. Schild – Il Pensiero Scientifico Edit. –Roma 1978).   

Lo studio non si è fermato – da quanto riferito dagli organi competenti – al comportamento generale del patogeno, oltre che allo studio del suo RNA-DNA, ma è consistito nel modificarlo, per creare altri patogeni, senza prevederne per altro le conseguenze, conseguenze che non sono state studiate dal momento che il virus, sfuggito al controllo del ricercatore, ha cominciato a propagarsi all’esterno, contagiando mezzo mondo con la sua potente carica virale. Lo stesso ricercatore, colpito dal virus che egli stesso aveva modificato, è stato da questo ucciso. Esperimenti di modifica dei patogeni si possono fare, ma sempre con la premessa di conoscerne poi la strada del ritorno: non si vuole con ciò buttare alle ortiche questo genere di ricerca che tanto ha fatto nel combattere malattie oggi debellate! Si vuole rivolgere però con tanta umiltà, un appello a fare queste ricerche non con la temerarietà dei pionieri, ma con la saggezza dello scienziato. Ecco quindi il riportare queste considerazioni alla situazione dei nostri giorni.

Proporre più rispetto della Natura, con la raccomandazione, a chi fa ricerca, di saperla prima leggere, poi di mettere in essere delle risposte ai suoi fenomeni, negativi o positivi, che non siano in antagonismo con essa, ma siano sì di difesa per l’uomo stesso, ma una difesa che non la stravolga.

Ecco allora valida la riflessione del grande Baglivi: “IL MEDICO È MINISTRO DELLA NATURA ALLA QUALE SE PRIMA NON OBBEDISCE, NON PUO’ IN SEGUITO COMANDARE”.

A questo ci permettiamo di aggiungere un pensiero: “IL DOTTO È COLUI CHE SI ACCULTURA SUI LIBRI, IL GENIO È COLUI CHE SI ACCULTURA SUL LIBRO DELLA NATURA”.

del Dott. Gian Piero Sbaraglia
MEDICO CHIRURGO
Spec. In Otorinolaringoiatria
Primario Otorinolaringoiatra
C.T.U. del Tribunale Civ. e Pen. di Roma
Direttore Sanitario e Scientifico Centro di Formazione
Misericordia di Roma Centro – ROMA