Storie

“Ma sei un medico vero?”
di ALFONSO SODANO

A volte bastano poche parole dette in una modalità espressiva difficilmente riportabile su carta, ad aprire nuovi orizzonti e prospettive del tutto inimmaginate ed inimmaginabili. Tutto ciò (una semplice frase di quattro parole intercalate da un numero) Potrebbe risuonare molto d’attualità, soprattutto di questi tempi dove ritornano cartomanti, chiromanti, maghi maghini e maghelli di ogni forma, dimensione e colore (per non dire gusto e sapore) e dove, pur di avere un punto fermo di fronte a situazioni quotidianamente destabilizzanti, siamo portati a riconoscere nella figura del pare-medico (si badi bene, pare con la “e”) quell’ipotetico affermato professionista che, con abilità clinica del tutto dogmo-pragmatica, si accinge alla visita dell’impaziente utente (eh già, proprio così: utente, non più paziente, soprattutto in epoca di medicina olistica e centrata sulla persona) che richiede di essere guarito tutto/presto/subito e tornare allo splendore dei suoi venti anni moltiplicato tre col resto di due.

Sono stato fortunatissimo che non è stato così con me. La mancanza di compassezza (sostantivo ancora presente nella lingua italiana, ma non più o poco usato) aulica e un tantino ieratica che deve avere offerto il mio incedere tra torte salate, pane e salame, insalate di lenticchie, casatielli allo zafferano e altre “piccanterie” miste a dulzure più accettabili, alcune di improbabile gastronomia, ha spinto la mia innamorata Cristina a rivolgermi questa domanda, sulla quale, com’ebbi modo di dire nel primo di questi raccontini, tuttora ci ridiamo sopra al rievocare quanto dove come tutto ciò sarebbe successo.

Lo scenario medico-educativo traspare qui sullo sfondo di una strada parallela che, intrecciandosi con quella più professionale ma mantenendone la propria dignità, mi ha fatto conoscere poco alla volta il mondo pieno di libri e scritture e metafore e librerie e presentazioni e quant’altro di simile di cui, prima di Cristina, ne avevo sentito parlare in immagini per me fantasiose senza mai riuscire ad avere un canale di apertura che mi permettesse di accedere a tutto ciò.

In questo faccio ricadere lo stupore di questa domanda che Cristina mi ha rivolto durante il pranzo di quella domenica di prove a Mendrisio. Come non ritenere opportuno, a questo punto, partire per un viaggio di strade e di conquiste, fatte anche nelle estive notti ferragostane, quando ti aspetti che pur scenda un po’ di “breva” dal Generoso lì presente a rinfrescar i focosi animi?

L’effetto di questa domanda non poteva essere lasciato cadere e, raccolto il siffatto pensiero, il tutto ben amalgamato dalla forte voglia di novità e cambiamento, complici le sue brave amicizie local-territoriali, ci siamo trovati a gestire una parte musico-medicinale non propriamente disattesa – non c’è coro senza il suo bravo medico – che tuttora prende vita nelle classiche domande “in pillole” che, a loro volta, si traducono nella prescrizione delle suddette pillole, “se necesse scripta sunt” e stando ben attento, dopo tutti questi anni, ad evitare equivoci ed incomprensioni, in attesa di una prossima pensione che chissà quando mai arriverà!