Cultura è Salute

Biblioteche e medicina narrativa
di VIRGINIA SCARINCI

6 Giugno 2023

Il suo libro “Biblioteche e medicina narrativa: il ruolo del bibliotecario nei progetti di narrative based medicine in Italia” si sofferma sul progetto di medicina narrativa nato presso l’IRCCS Istituto nazionale tumori Regina Elena. Ci racconta di più di questa esperienza?

La medicina narrativa è stata introdotta per la prima volta in Istituto nell’anno 2014, quando presso la Biblioteca digitale dell’IRCCS, è stato organizzato un corso di formazione dedicato alla medicina umanistica e narrativa. Contestualmente è stata condotta un’indagine conoscitiva tra gli operatori sanitari dell’Istituto attraverso la somministrazione di un questionario, con lo scopo di valutare il livello di conoscenza dell’approccio narrativo, la predisposizione individuale verso l’ascolto empatico e la disponibilità a partecipare ad un progetto applicativo in ambito oncologico.

Dopo questa prima fase, lo studio dedicato all’applicazione dell’approccio narrativo è stato descritto in un protocollo, approvato dal Comitato Etico dell’Istituto. Il progetto “Raccontami di te”, per la promozione della condivisione dell’esperienza della malattia secondo i diversi punti di vista (di pazienti, familiari e curanti), ha avuto avvio formale: sono stati invitati alla scrittura riflessiva pazienti, caregiver, volontari e operatori sanitari, attraverso la produzione e diffusione di materiale informativo che ha promosso e fornito istruzioni in merito all’iniziativa. Il fine ultimo è stato quello di favorire l’integrazione tra i diversi attori coinvolti nella pratica clinica oncologica.

Le narrazioni sono state raccolte, sia in formato cartaceo che digitale, e quindi elaborate da un team multidisciplinare costituito da medici, infermieri e bibliotecari biomedici, attraverso una lettura attiva e approfondita e con l’utilizzo di una scheda interpretativa predisposta per occasione.

Le riflessioni e i dati emersi dai racconti sono stati presentati in occasione di un convegno dedicato, che ha rappresentato un fondamentale momento di condivisione e, contestualmente, un’occasione per valutare l’iniziativa. Durante l’incontro si sono alternati interventi da parte dei membri del team del progetto e letture dei brani degli autori dei racconti. Il convegno si è concluso con uno sguardo al futuro ed ai successivi progetti. A questa prima edizione, che ha avuto luogo nell’anno 2015, ne sono seguite una seconda nel 2017 e una terza nel 2018. Quest’ultima, dal titolo “Raccontami di te… e della tua famiglia”, è stata specificatamente dedicata ai ragazzi che vivono la malattia oncologica all’interno del proprio nucleo familiare.

Un focus è dedicato alla biblioteca digitale Riccardo Maceratini: ci può parlare meglio di questa realtà?

La biblioteca digitale Riccardo Maceratini rappresenta un importante punto di riferimento nel contesto dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, ed è coinvolta in numerose attività. Afferendo ad un IRCCS monotematico specializzato in oncologia, la biblioteca si focalizza sulle patologie tumorali, dedicando una parte del proprio lavoro alla ricerca bibliografica su banche dati internazionali e portali di stampo biomedico. Presso la biblioteca è possibile consultare una serie di risorse bibliografiche, avvalendosi del supporto del personale che si occupa di orientare l’utenza nell’ambito dell’attività di ricerca scientifica. La biblioteca digitale ospita al suo interno la biblioteca del paziente, un centro di conoscenza dedicato a pazienti, familiari e cittadini dotato di numerose risorse informative rivolte all’utenza.

Tra le attività della digital library figurano l’organizzazione e la promozione, nell’ambito del piano formativo aziendale, di diversi corsi ECM (Educazione Continua in Medicina) dedicati agli strumenti bibliografici e alla ricerca scientifica; in occasione di tali corsi viene messa a disposizione dell’utenza una sala multimediale dotata di postazioni pc con accesso alla rete, per una formazione più interattiva. Nel 2014 l’evento organizzato dalla biblioteca, dal titolo “La medicina umanistica e narrativa”, ha introdotto i concetti che sarebbero stati alla base dei futuri progetti e studi dedicati alla comunicazione e alla relazione tra operatori sanitari e pazienti.

Veniamo al ruolo del bibliotecario biomedico, un mediatore esperto che opera in contesti sanitari, ma del quale spesso si parla poco. Di cosa si occupa questa figura professionale e perché il suo ruolo è così importante?

L’idea del libro è nata da una duplice esigenza: approfondire il concetto di medicina narrativa da un punto di vista inedito (cioè quello del bibliotecario che presta il proprio servizio in contesti sanitari) e, contemporaneamente, valorizzare il ruolo del cosiddetto clinical medical librarian. Il bibliotecario biomedico si occupa di una serie di attività legate all’universo della ricerca scientifica: è in grado di orientare gli utenti tra le numerose banche dati dedicate alla medicina, costruendo stringhe di ricerca efficaci e che permettono di reperire lo stato dell’arte della letteratura scientifica. Inoltre, è una figura professionale che conosce e utilizza le diverse risorse e gli strumenti atti al supporto della redazione di uno scientific paper (ad esempio, sistemi di gestione delle citazioni bibliografiche, database citazionali, portali per l’estrapolazione di indicatori bibliometrici, etc.). Come ho avuto modo di approfondire nel libro, il bibliotecario biomedico può essere promotore di progetti dedicati alla medicina narrativa ed organizzare attività nel contesto dello sviluppo di piani dedicati al patient empowerment; può anche prendere parte a gruppi multidisciplinari, fornendo un punto di vista originale sulla metodologia d’intervento basata sulle storie di cura. Infine, può avere un ruolo attivo nella promozione di approcci basati sulla lettura e sull’informazione di qualità, come la biblioterapia e la cosiddetta “prescrizione dell’informazione”.

Lei si relaziona sia con i pazienti che con i professionisti della salute. La parola fa bene proprio a tutti?

È assodato che la parola può avere già di per sé una valenza terapeutica. Raccontare e raccontarsi significa dare senso alla realtà, ricodificandola e rielaborando il proprio vissuto con maggiore consapevolezza. Le linee di indirizzo elaborate dal Centro Nazionale Malattie Rare dell’ISS nel 2015 hanno definito la medicina narrativa come “una metodologia d’intervento clinico-assistenziale basata su una specifica competenza comunicativa”. La parola e il racconto della propria esperienza sono fondamentali per il paziente, che può arrivare ad ottenere una serie di benefici all’interno del proprio percorso di cura (ad esempio un maggiore aderenza terapeutica). Ma soprattutto è grazie al racconto condiviso e integrato con il punto di vista del medico che è possibile avviare quel processo di co-costruzione e personalizzazione dei percorsi diagnostico terapeutici assistenziali che caratterizza l’approccio narrativo. Il medico, attraverso i racconti della illness, può arrivare ad ottenere un più ampio feedback sulla funzionalità delle terapie, riuscendo a realizzare una strategia curativa più efficace.

Come ripensare allora la relazione medico-paziente? E cosa comporta per un medico conoscere più a fondo la vita dei pazienti?

Per un medico conoscere più a fondo la vita dei pazienti comporta diversi vantaggi che vanno ad incidere sul percorso terapeutico: oltre ad una migliore efficacia della cura, è possibile riscontrare una maggiore consapevolezza del proprio ruolo professionale, una ottimizzazione delle risorse, la prevenzione dei casi di burnout, nonché di eventuali contenziosi giuridici e della medicina difensiva.

La relazione medico-paziente deve riuscire a recuperare quella dimensione caratterizzata dalla partecipazione attiva degli attori coinvolti nel percorso di cura e deve tornare ad essere al centro dell’intero processo. È necessario che il rapporto che lega curante e paziente rappresenti un punto focale, un elemento imprescindibile che rende le cure più efficaci. Questa relazione va necessariamente ripensata in un’ottica fondata sulla narrative based medicine e incentrata sull’importanza delle storie come strumento di conoscenza più approfondita dell’individuo e delle proprie esigenze. Una conoscenza che è possibile raggiungere grazie all’applicazione della medicina narrativa nella pratica clinica.