Storie L'intervista

Amputarsi un arto per tornare alla vita: l’incredibile storia di Alessandro Colombo

4 Ottobre 2023

Alessandro Colombo, 49 anni, è padre di 3 figli. A soli 23 anni subisce un gravissimo incidente in moto che gli cambia per sempre la vita e che gli provoca un’invalidità alla gamba sinistra. Ma lui è uno tosto, anzi tostissimo. Prima perde il lavoro e da paracadutista dei carabinieri si reinventa atleta. Poi, dopo anni di interventi debilitanti (ben 12 in appena 24 mesi) decide volontariamente per l’amputazione dell’arto. Un lungo percorso ad ostacoli e tante porte chiuse fino all’incontro con il chirurgo Alexander Gardetto, che decide di sposare la sua causa con un’operazione tanto innovativa quanto delicata. Per Alessandro è il momento della rinascita: dalla sua incredibile esperienza sono nati il progetto “Tagliato per vivere” ed un “Everesting”, l’impresa di salire 14 volte in 24 ore il Monte di Mezzocorona, 8.800 metri di dislivello. Con l’obiettivo di diffondere il più possibile la tecnica con cui è stato operato e per dare speranza a tutti coloro che vogliono intraprendere un percorso simile al suo.

Ciao Alessandro, riavvolgiamo per un momento il nastro e torniamo all’incidente che ti ha cambiato la vita. Che ricordo hai di quegli anni?

In quel periodo appartenevo ad un reparto speciale di militari, ero un paracadutista, e proprio mentre ero in licenza matrimoniale a causa di un sinistro stradale ho subito un grave incidente motociclistico, che mi ha procurato una grave invalidità alla gamba sinistra. Sono stato ricoverato per ben 90 giorni ed ho subìto diversi interventi. Ho perso il lavoro, perché non ero più idoneo, ma in quel periodo così buio non mi sono perso d’animo. Per questo durante la mia riabilitazione ho fatto diventare lo sport il fulcro della mia vita, mi sono appassionato al ciclismo, che è diventato il mio grande riscatto. Con impegno e forza di volontà ho ricostruito la mia vita, entrando nella Nazionale Italiana di Ciclismo disabili e successivamente ho partecipato a numerose gare internazionali di Paratriathlon, conquistando anche molti podi fra cui un Bronzo Europeo in Turchia nel 2013. Nel frattempo ho trasformato la mia vita professionale, dedicandomi alla crescita personale, per cui oggi mi occupo di relazione d’aiuto e mental coaching all’interno delle aziende. La svolta c’è stata quattro anni fa: dovevo fare un intervento correttivo, che però ha avuto come complicazione la comparsa di un forte dolore neuropatico ingestibile anche con le terapie analgesiche. Dopo un anno senza proposte risolutive concrete ho iniziato a pensare di farmi amputare.

Questo ti ha spinto a scegliere di sottoporti all’intervento di amputazione trans- tibiale della gamba sinistra. Un’operazione unica nel suo genere. Come si affronta questo tipo di percorso?

La prima difficoltà è stata la mancanza d’informazioni e l’ignoranza su questo tipo di argomento: per me era un passaggio logico da fare per tornare alla mia vita di prima e ad una vita “normale”. Nessuno voleva prendersi la responsabilità di amputarmi, per questo ho iniziato a guardarmi intorno fino all’incontro con un tecnico ortopedico, Sandro Serani, che mi ha parlato di un chirurgo che aveva messo a punto una nuova tecnica nel campo delle amputazioni: il dottor Alexander Gardetto, che di fatto mi ha cambiato la vita. Mi ha ascoltato con empatia e grande umanità, spiegandomi che poteva amputarmi con la tecnica del TSR – Tagreted Sensory Reinnervation – che elimina il rischio dell’arto fantasma e che porta la sensibilità del piede alla coscia sinistra grazie all’applicazione della nuova tecnologia protesica Saphenus®. L’intervento, eseguito il 13 giugno 2022, è durato 8 ore e si è svolto prima con la ricostruzione dei legamenti, poi con il prelievo del nervo, in seguito con l’amputazione della gamba ed infine con il reimpianto del nervo. Ci tengo a sottolineare che ho dovuto sostenerlo in una clinica privata perché il SSN non prevedeva questo tipo d’intervento. La sensazione adesso è quella di poter continuare a camminare con i miei piedi: un grandissimo traguardo per me!

Da questa esperienza è nato il progetto “Tagliato per vivere”: di cosa si tratta?

Ho avviato una raccolta fondi, un progetto che si chiama “Tagliato per vivere”, non soltanto per pagare l’operazione, ma anche per raccontare a tutti la mia esperienza, divulgare la tecnologia e la tecnica chirurgica affinché un domani approdi anche nel servizio sanitario pubblico. Parlando con il chirurgo che mi ha operato, abbiamo deciso che nei prossimi mesi organizzeremo anche un “Everesting”, ovvero un evento sportivo, nello specifico su un sentiero Nr. 500 del Monte di Mezzocorona (TN), un’ascesa che dovrò compiere un numero preciso di volte consecutivamente, per cui, sommando i metri di dislivello positivo percorsi, è come se idealmente avessi raggiunto la vetta del Monte Everest di 8848mt. Questo significa che dovrò portare a termine 14 ascese in 24 ore. La preparazione è andata molto bene dunque sono fiducioso sulla buona riuscita di questa “missione”.

Come fare formazione chirurgica sulla base della tua esperienza?

Ho contattato una società di Milano, che si occupa di video in realtà virtuale ed ho fatto riprendere completamente il mio intervento con questa tecnica. Per il momento abbiamo realizzato una sintesi di 8 minuti con le diverse fasi dell’intervento e la spiegazione del chirurgo, allo scopo di dimostrare il potenziale della VR in campo formativo; abbiamo poi 8 ore di riprese, che potranno essere utili per divulgare questa tecnica e farla conoscere anche all’esterno.

Veniamo all’incontro con Club Medici. Come sosterrà la tua iniziativa?

Ho riscontrato da parte del presidente, Vincenzo Pezzuti, grande disponibilità nel sostenere “Tagliato per vivere”. Gli ho raccontato la mia storia e mi ha ascoltato con grande interesse, informandosi sull’aspetto innovativo dell’intervento e sulla bontà che c’è dietro alle mie iniziative. Questo mi ha molto colpito perché in questi anni ho sempre trovato un atteggiamento molto chiuso: chiunque si concentrava sul “piede”, ma nessuno su “Alessandro” come persona. In pochi si sono preoccupati della qualità della mia vita, del mio stato d’animo. L’empatia ha un ruolo determinante in questi percorsi così complessi e credo che la persona dovrebbe essere sempre messa al centro. Io sono un uomo giovane, uno sportivo, ma ho sempre riscontrato poca capacità di collegare l’individuo al problema e quasi nessuno considerava tutto ciò che ruotava attorno alla mia vita: la sofferenza, lo stato d’animo della mia famiglia, i mesi di ricovero e di speranza. Ero stanco di procedere per “tentativi”, io volevo arrivare ad una “soluzione” che fosse più definitiva possibile. A 15 mesi dalla mia amputazione posso dire che ho avuto una ripresa importante e già a meno di un anno sono tornato ad una qualità di vita eccezionale, completando con successo due gare di triathlon su distanza sprint e una di corsa in montagna. Sui social mi hanno scritto decine di persone, che vivono una situazione simile a quella che ho vissuto io, per questo credo sia importante sostenere iniziative come questa, proprio come farà Club Medici: questa opportunità deve essere messa a disposizione di tutti coloro che si trovano ad affrontare un’amputazione e perché solo con la ricerca e la sperimentazione si possono generare nuove opportunità di vita!