Diritti e Doveri

La responsabilità d’equipe
di SILVIA FONTANIVE

14 Febbraio 2022

Di Silvia Fontanive, Avvocato iscritto all’Albo degli Avvocati di Pisa

Il lavoro in equipe è divenuto ormai una consuetudine in ambito medico. La collaborazione con i colleghi, la suddivisione dei ruoli e delle competenze sono oggi elementi imprescindibili, per i nostri sanitari, ai fini della cura del paziente. Tuttavia, l’attività di gruppo può celare insidie dal punto di vista giuridico.
Quali sono, quindi, le condotte da tenere, per andare esenti da responsabilità ed evitare di essere chiamati a rispondere, penalmente e civilmente, di un danno causato alla persona che si ha in cura?
Vediamo insieme i profili di maggior rischio.

Premettiamo anzitutto che l’equipe, in ambito medico, viene a formarsi nel momento in cui più professionisti sanitari si riuniscono per dedicarsi alla cura del paziente.

Come viene gestita la responsabilità all’interno dell’equipe? 

Ciascun componente l’equipe, medico o infermiere, ha un compito ben definito, derivante dalla propria specializzazione e dunque dal ruolo ricoperto. È tenuto ad adempiere con diligenza, cura e attenzione alle proprie mansioni, pena una responsabilità individuale.
Il singolo componente l’equipe, inoltre, è chiamato a vigilare sull’operato del personale con il quale si trova a lavorare. L’equipe è infatti considerata alla stregua di un unico soggetto che si attiva per il perseguimento di un unico fine: la tutela della salute e della vita del paziente. Tutti i componenti, quindi, si muovono verso tale obiettivo.

Il singolo professionista deve controllare l’operato dei colleghi?

Sì, dovrà verificare che gli altri componenti abbiano eseguito correttamente il proprio lavoro. Il controllo andrà effettuato sugli errori evidenti e non settoriali, che possono essere rilevati grazie alle conoscenze di un professionista medio.
A tal proposito, evidenziamo: il sanitario non può sottrarsi dal conoscere e dal valutare l’attività posta in essere dal collega, anche specialista in altra disciplina, dal momento che deve intervenire, laddove sia necessario, per correggere un eventuale errore.

Quale errore, di qualunque tipo?

No, devono essere rilevati gli errori evidenti e cioè riconoscibili grazie alle comuni conoscenze scientifiche che il professionista sanitario deve avere.

C’è quindi un limite alla mia responsabilità di medico, di infermiere che compone l’equipe?

Sì, la responsabilità non può essere indefinita. È necessario contestualizzare l’accaduto e porre dei limiti: uno di questi è il così detto “principio di affidamento”. Ad esempio: il Dottor Tizio, facente parte dell’equipe, si concentra nello svolgere le proprie, specifiche mansioni. Confiderà quindi che i colleghi facciano altrettanto, senza dover essere chiamato, in ogni momento, a verificarne l’operato. Altrimenti, si distrarrebbe, rischiando di commettere errori.

A che cosa serve, quindi, il principio di affidamento?

Consente di confinare l’obbligo di diligenza del singolo sanitario entro limiti compatibili con l’esigenza del carattere personale della responsabilità penale, sancito dall’art. 27 Cost.

C’è un supervisore, un medico che ha un ruolo preponderante all’interno dell’equipe?

Sì, è il capo equipe. Nei suoi confronti il principio di affidamento non opera, dal momento che il capo equipe è chiamato a controllare, in ogni fase, l’operato di tutti i componenti del gruppo. Ha funzione di direzione e di coordinamento.

La responsabilità del capo equipe è dunque immanente, senza limiti?

No. Nel caso in cui l’errore venga commesso da un professionista altamente specializzato, con un ruolo decisorio per il proprio ambito di competenza, il suddetto specialista risponde per l’errore compiuto. Occorre comunque valutare sempre caso per caso, dal momento che in talune circostanze il capo equipe, sia in ambito civile che in ambito penale, è stato ritenuto responsabile, insieme al collega specialista, per quanto accaduto al paziente.

Quando l’intervento chirurgico si avvia a conclusione, l’equipe può essere gradualmente sciolta?

Si parla in questi casi di scioglimento anticipato dell’equipe. Il medico può allontanarsi a determinate condizioni.

Quali?

a. L’intervento deve essere nella fase finale e cioè nel momento in cui residuano adempimenti di semplice esecuzione;
b. l’operazione deve considerarsi perfettamente riuscita.

A queste condizioni, il professionista può quindi allontanarsi.

Può allontanarsi per fare cosa?

Può allontanarsi per assistere un altro paziente, qualora sussistano ragioni lavorative impellenti e urgenti. Quindi, l’allontanamento dalla equipe scrimina e giustifica la condotta del medico nel momento in cui il sanitario abbia una valida ragione per allontanarsi dalla sala operatoria. Anche in questo caso andrà effettuata una valutazione sulla base di quanto realmente accaduto.

Deve essere eseguito un controllo post operatorio?

Sì, il capo equipe deve vigilare sulle condizioni del paziente anche dopo l’intervento.

Il capo equipe può affidarsi ad altri?

Il paziente può essere affidato alla cura di altri medici specialisti. Tuttavia, il capo equipe deve controllarne l’operato. È configurabile, altrimenti, una “culpa in vigilando” da ravvisarsi dunque in caso di mancato o inesatto controllo sul lavoro degli altri sanitari. Inoltre, il capo equipe deve anche fornire le indicazioni terapeutiche. Ricordiamo che si ha una posizione di garanzia nei confronti del paziente, per cui ci si deve attivare per garantirne una cura continuativa.