Pareri a confronto

IL “FATTORE TEMPO”
per vincere la battaglia Covid
Parla Gianluigi Spata

26 Novembre 2020

Pandemia, vaccini, gestione dell’emergenza, integrazione tra professioni sanitarie. L’intervista al Presidente dell’OMCeO di Como, Gianluigi Spata.

Iniziamo dalle sue impressioni generali sul recente voto?

Abbiamo certamente apportato una serie di cambiamenti, inserito nuovi colleghi, tra consiglio e revisori dei conti, e dato più spazio alle donne: c’è una grande rappresentanza femminile, grazie alla presenza di sette colleghe nell’Ordine. Inoltre ho cercato di puntare su un ringiovanimento generale dell’Ordine di Como, favorendo altresì l’integrazione tra realtà ospedaliera e territoriale. L’obiettivo è quello di dar voce a tutti e creare quella sinergia necessaria per portare avanti i progetti futuri: credo che il lavoro di squadra, di equipe, sia molto importante; per questo è necessario ascoltare sia i medici di famiglia, che vivono in prima persona il territorio, sia gli ospedalieri.

Quali sono i programmi da attuare nel futuro prossimo?

Sicuramente uno degli obiettivi che ci poniamo è lavorare insieme alla regione Lombardia su una rivisitazione della Legge regionale 23 del 2015, la legge Maroni, in quanto l’esperienza Covid e la pandemia hanno evidenziato che non tutto ha funzionato, soprattutto sul territorio. Avevamo già sollevato la questione, gli investimenti sono stati fatti soprattutto a livello ospedaliero, ma abbiamo rilevato tante altre criticità. Mettere mano a questa legge ed apportare le modifiche necessarie sarà il punto di partenza: da qui passa anche la riorganizzazione della medicina del territorio, che ha bisogno di pari dignità rispetto all’ospedaliero, soprattutto creando strutture intermedie che siano un punto di riferimento fisso per i cittadini. Un altro obiettivo è ripensare la presa in carico del paziente cronico: il medico di famiglia deve essere il “clinical manager” del paziente cronico, quindi dobbiamo capire con i medici di medicina generale come rilanciare questo sistema. Poi sarà certamente necessario snellire il carico burocratico sulla professione, non solo sul territorio, ma anche per i colleghi ospedalieri, spesso troppo sovraccaricati da adempimenti burocratici che tolgono tempo alla comunicazione con il paziente. Inoltre desideriamo cominciare a ragionare insieme alle altre professioni sanitarie, per un’integrazione completa con infermieri e farmacisti ecc.  Dobbiamo tutti camminare nella stessa direzione. Sarà anche cruciale poter garantire un rapido ricambio generazionale: l’attuale numero di borse di studio non è sufficiente, ma intanto sempre più zone restano scoperte perché tanti medici vanno in pensione e tanti reparti che hanno carenze di medici. Il tema non è la mancanza di medici, ma i tanti “camici grigi”, che non riescono ad entrare nelle scuole di specializzazione, quindi non possono lavorare negli ospedali. Sarà necessario a livello nazionale eliminare l’attuale imbuto formativo e garantire quel continuum formativo che porti lo studente, in circa dieci anni, fino alla specializzazione e all’inserimento nel mondo del lavoro.

Alla luce della seconda ondata pandemica, quali sono le maggiori criticità del territorio?

Purtroppo stiamo rivivendo la situazione della scorsa primavera; chiaramente ci auguriamo che non sia della stessa portata, ma già ora constatiamo che gli ospedali sono sempre più pieni, che tanti reparti vengono riconvertiti da “ordinaria degenza” a reparti “Covid”. Inoltre i pronto soccorso sono presi d’assalto, i medici di famiglia non sono attrezzati per poter visitare i pazienti contagiati, quindi si limitano a fare un triage telefonico e ad usufruire delle Usca; purtroppo per alcuni pazienti si rende poi necessario anche il ricovero in ospedale dunque la situazione è pesante. A tutto questo inoltre si aggiunge il tema dei vaccini antinfluenzali: ci stanno consegnando i vaccini a piccole dosi, ovviamente è quindi difficile fare anche programmazione; per garantire il distanziamento non possiamo somministrarli a tutti nello stesso momento perciò ci troviamo a dover scaglionare gli ingressi negli studi con tutte le difficoltà che ne conseguono. Voglio sottolineare la grande collaborazione con i Comuni, che si sono messi a disposizione, per collaborare insieme a noi.  Ma purtroppo i dpi non sono mai sufficienti, si consumano rapidamente, c’è bisogno di una fornitura continua e costante altrimenti non riusciamo a lavorare. Riceviamo i pazienti, rispettando le regole, ma dobbiamo sempre sicuri di non entrare in contatto diretto con persone positive.

Ritiene che le attuali misure messe in campo dal governo siano congrue a contenere i contagi?

Vorrei un po’ più di decisione. Faccio parte del Comitato tecnico scientifico e guardo con una certa perplessità alcune di queste misure: il coprifuoco serale serve solo parzialmente. Le decisioni, a livello nazionale, dovrebbero essere prese con rapidità. Dobbiamo renderci conto che per vincere questa battaglia il fattore tempo è determinante: a questo virus non si può concedere neanche un minuto di ritardo, ogni tentennamento corrisponde ad un’avanzata dei contagi. La velocità nelle decisioni da intraprendere è determinante, tutti gli interventi devono essere quanto più possibile tempestivi. Come membro del Cts e come medico guardo con preoccupazione ai mezzi di trasporto, sui quali ancora oggi le persone sono costrette a viaggiare accalcate, così come alle scuole, alla gestione degli ingressi, al distanziamento. Ad esempio sulle scuole avrei attivato da subito le DAD; certe decisioni andavano prese prima.