4 Ottobre 2021
Di Marco Lombardi, Medico specializzando in Patologia Clinica e Biochimica Clinica
Negli ultimi anni la comunità medico scientifica sta sempre di più considerando il ruolo dell’infiammazione come processo in grado di favorire l’insorgenza e/o il mantenimento di molteplici condizioni patologiche. In particolare, l’attenzione è puntata sulla cosiddetta “infiammazione cronica di basso grado” (o low grade inflammation in inglese) in quanto ha delle caratteristiche peculiari che andremo di seguito a riassumere. Noi tutti conosciamo l’importanza dell’infiammazione acuta, la quale interviene ad esempio quando vi è da eliminare un’infezione o riparare una lesione. Il fatto di essere acuta, esprime un fenomeno di breve durata temporale e che serve per riportare l’organismo ad uno stato di salute e benessere. Discorso ovviamente diverso quando entriamo nel campo dell’infiammazione cronica. In questo caso i livelli infiammatori non si autolimitano nel tempo ma rimangono persistentemente elevati a bassi livelli, rendendo il quadro dei sintomi poco evidente solitamente per diverso tempo.
E quali sono le cause di questo? Sono sicuramente da ricercare nella nostra alimentazione e stili di vita. L’abitudine al consumo di zuccheri semplici, alimenti raffinati e prodotti industriali determina un sovraccarico a livello dell’apparato gastrointestinale che porta nel tempo a sollecitare oltre misura il sistema immunitario. Quest’ultimo a sua volta risponde producendo molecole ad azione infiammatoria in un circolo vizioso negativo. Quindi il primo messaggio è sicuramente quello di seguire una dieta che preveda la varietà e la stagionalità, privilegiando alimenti freschi e vegetali (frutta e verdura), grassi buoni come gli acidi grassi essenziali omega-3 del pesce azzurro (azione antinfiammatoria) e l’apporto di fibre contenute in cereali integrali e semi oleosi. Accanto a questo, è sempre importante non trascurare l’aspetto del timing nutrizionale cioè di quando assumere i vari alimenti nell’ottica del rispetto dei ritmi giornalieri di produzione ormonale. Parlando di ritmi ormonali, non si può non parlare di attività fisica e di come all’opposto la sedentarietà rappresenti un’altra causa di aumento dell’infiammazione cronica di basso grado. Non serve correre maratone ma bastano 30 minuti di attività fisica moderata al giorno per garantirci già uno stato di benessere su più fronti.
Prendendo in esame altre cause di stimolo infiammatorio per l’organismo, è sempre opportuno ricordare di evitare fumo e alcol, responsabili della maggior formazione dei famosi radicali liberi. Questi ultimi sono atomi o molecole altamente reattive che si legano molto facilmente con altre molecole, dando origine a reazioni nocive e spesso dannose per le cellule. Più vi sono radicali liberi e più di conseguenza aumenta anche l’infiammazione. In un quadro completo vi è anche l’influenza del nostro stato mentale ed in particolare dell’asse ormonale dello stress. Quando infatti siamo sottoposti a stress particolarmente intensi, il nostro organismo tende a liberare nel circolo sanguigno crescenti quantità di un ormone chiamato cortisolo (definito non a caso “ormone dello stress”) che ha tra gli effetti indesiderati quello di favorire la deposizione di grasso a livello addominale e in particolare viscerale cioè attorno agli organi. Proprio questo tipo di grasso è quello più pericoloso perché è in grado di produrre una serie di sostanze che alimentano il processo infiammatorio responsabile di specifiche alterazioni metaboliche, in primis quella che viene definita insulino-resistenza.
Quando introduciamo una quota di zuccheri, ecco che fisiologicamente interviene un ormone chiamato insulina per riportare nella norma la glicemia che si è appunto alzata a seguito dell’assunzione zuccherina. Nel lungo termine e a seguito di introduzioni massicce di zuccheri e carboidrati raffinati, questo meccanismo di azione si può però inceppare perché le cellule diventano resistenti all’azione dell’insulina, la quale non riesce più ad abbassare efficacemente la glicemia. La conseguenza di ciò è la trasformazione dello zucchero in eccesso in massa grassa principalmente di tipo viscerale, la quale favorisce a sua volta il mantenimento dell’insulino-resistenza e il rischio di sviluppare diabete. Lo stato infiammatorio cronico, come già accennato, non si rende evidente sul piano dei segni e sintomi ma è piuttosto sfumato con ad esempio accumulo di liquidi, difficoltà a perdere peso, fastidi e dolori alle articolazioni.
Oltre a trattamenti diretti al sintomo, diventa quindi necessario non dimenticarsi di considerare tutti gli aspetti di correzione citati in precedenza. Recentemente diversi studi scientifici si stanno concentrando anche sull’equilibrio della flora batterica intestinale come fattore di regolazione infiammatoria generale tramite l’analisi delle popolazioni di microbi che albergano nell’intestino e dei collegamenti tra di loro. Per quanto concerne invece gli esami di laboratorio atti a valutare uno stato di infiammazione cronica di basso grado, attualmente sono in fase di studio alcuni parametri su sangue che possano andare ad integrare i comuni indici infiammatori utilizzati nella pratica medica (VES o velocità di eritrosedimentazione e PCR o proteina C reattiva). Da tutto quello che è stato detto, traspare ancora una volta l’importanza di seguire corretti stili di vita in termine di alimentazione, attività fisica e gestione dello stress per combattere un grande nemico silenzioso rappresentato dall’infiammazione.