Diritti e Doveri

Mancato assolvimento dell’obbligo ECM
Cosa rischia il medico?

Di Marianna Rillo, ufficio legale Club Medici.

Se c’è una cosa che ci ha insegnato questa pandemia, è che senza formazione e aggiornamento professionale un medico, come qualsiasi altro operatore sanitario, non potrebbe fare bene il suo lavoro. La formazione e l’aggiornamento rappresentano i primi e più importanti pilastri per l’attività di ogni professionista sanitario. L’evoluzione delle nostre conoscenze sul virus Sars-Cov-2 e la ricerca sui meccanismi con cui la malattia COVID-19 si sviluppa ci hanno portato a creare in tempi rapidissimi nuove armi contro il virus e, in generale, a migliorare il modo con cui possiamo contrastarlo.

La formazione e l’aggiornamento professionale, quindi, sono il modo migliore che i medici hanno per garantire a tutti i pazienti cure di qualità e la migliore assistenza.

A livello legislativo l’obbligo ECM è codificato nella legge n. 214/2011, che recita testualmente: “La violazione dell’obbligo di formazione continua determina un illecito disciplinare e come tale è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento professionale”.

La norma si applica sia alle professioni sanitarie sia ad altre professioni “liberali” (Ingegneri, architetti, avvocati, notai, commercialisti ecc.). La Corte di Cassazione con sentenza n. 2235 del 1° febbraio 2011, nel respingere il ricorso di un notaio contro la sanzione disciplinare applicatagli dall’Ordine di appartenenza, per non aver conseguito tutti i crediti formativi, ha affermato che il mancato aggiornamento professionale comporta un danno al decoro e al prestigio della professione, quindi è giusto che il mancato rispetto delle norme in tema di formazione continua sia soggetto alle stesse sanzioni previste in caso di gravi errori tecnici.

Con un po’ di lentezza la macchina dei controlli si è messa in moto anche per le professioni sanitarie e nel 2013 il COGEAPS[1] e la Commissione Nazionale ECM hanno infatti definito una serie di regole quanto alla corretta registrazione e trasmissione dei crediti ECM dagli Ordini di appartenenza al COGEAPS. La prima verifica sul campo dell’apparato sanzionatorio si è avuta nel 2015, quando è stata disposta d’ufficio la cancellazione dall’Albo nazionale speciale dei medici competenti di oltre 3500 medici non in regola con il conseguimento dei crediti formativi.

A completamento del quadro normativo di riferimento, l’aggiornamento del Codice deontologico dei medici approvato il 18 Maggio 2014 all’art. 19 (Aggiornamento e formazione professionale) ha stabilito: “Il medico nel corso della sua vita professionale persegue l’aggiornamento costante e la formazione continua per lo sviluppo delle conoscenze e delle competenze professionali tecniche e non tecniche favorendone la diffusione ai discenti ed ai collaboratori. Il medico assolve gli obblighi formativi. L’ordine certifica agli iscritti ai propri Albi i crediti acquisiti nei percorsi formativi e ne valuta le eventuali inadempienze.”

Alla luce delle disposizioni sopraesposte si evince che l’aggiornamento rimane un preciso dovere di ogni professionista ed è fonte di responsabilità, indipendentemente dal fatto che il datore di lavoro organizzi o meno corsi di aggiornamento.

Infatti è bene ricordare che l’obbligo ECM compete al singolo professionista in quanto tale e non alla struttura di appartenenza. La Corte di Cassazione, con la sentenza n.21817 del 19 settembre 2011 ha stabilito che non sussiste a carico delle Asl l’obbligo di predisporre e organizzare corsi di aggiornamento e formazione per i propri dipendenti, questi infatti non hanno diritto di ottenere direttamente dall’Asl di appartenenza la promozione e l’organizzazione di tali attività.

La Corte di Cassazione, a seguito della richiesta di risarcimento danni da parte di un medico alla propria Asl, per non aver organizzato corsi di formazione, in tal modo impedendogli avanzamenti di carriera, ha chiarito che è il professionista sanitario che deve provvedere a garantire il rispetto dei suoi obblighi formativi.

Il 29 aprile 2019, per la prima volta, un odontoiatra, è stato sanzionato dall’Ordine perché non in regola con il raggiungimento dei crediti ECM necessari. Nello specifico la sanzione irrogata della Commissione Albo di Aosta, è stata una sospensione di 3 mesi, ribadita in secondo grado anche dalla Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie[2] (CCEPS).

A tal riguardo è utile evidenziare che a prevedere sanzioni per chi non si aggiorna sono il D.Lgs 138 del 2011 che parla di “illecito disciplinare” e la legge Lorenzin 3/2017.

Ciò detto, si sottolinea altresì che l’Accordo, sancito in sede di Conferenza Stato-Regioni recante “La Formazione Continua nel settore Salute”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.274 del 23 novembre 2017, ha previsto all’art.21 che gli Ordini e le rispettive Federazioni nazionali vigilino sull’assolvimento dell’obbligo formativo dei loro iscritti ed emanino, ove previsti dalla normativa vigente, i provvedimenti di competenza in caso di mancato assolvimento di tale obbligo.

A tal proposito la FNOMCeO[3], nell’ambito dei propri compiti di indirizzo e coordinamento, ha recentemente invitato gli Ordini territoriali, stante il fondamentale ruolo nella funzione di accertamento attribuito agli stessi, a sollecitare gli iscritti all’adempimento.

Veniamo a questo punto alle dinamiche nel mondo del lavoro in caso di evasione dell’obbligo ECM.

  • In primo luogo un medico/odontoiatra non in regola con i crediti ECM ha grosse difficoltà a lavorare, sia come dipendente che come libero professionista, perché ormai è prassi consolidata che venga richiesto di dimostrare la propria regolarità ECM.
  • Anche gli Enti Pubblici come INAIL e INPS prima di conferire un incarico libero professionale ad un medico/odontoiatra, pretendono che costui dimostri la propria regolarità, altrimenti verrà meno il diritto all’incarico.
  • Nell’ambito delle verifiche ed ispezioni per la Certificazione della Qualità, le aziende sanitarie (sia pubbliche che private) devono documentare la regolarità ECM da parte del proprio personale. In caso di “non conformità” l’esito della certificazione può essere pregiudicato, con l’inevitabile conseguenza di mettere a repentaglio gli accreditamenti e/o le convenzioni dell’azienda stipulate con la Regione o la Asl di pertinenza.

Mentre sul versante assicurativo e legale a cosa va incontro il medico?

  • In modo del tutto analogo occorre attendersi una forte penalizzazione nella determinazione del premio annuale di assicurazione per le strutture che non sono in grado di certificare l’aggiornamento professionale del proprio personale, e lo stesso vale per gli accreditamenti, le convenzioni e i premi assicurativi pagati dei liberi professionisti.
  • Il discorso si fa poi molto più serio nell’eventualità che si verifichino eventi avversi nel corso dell’attività professionale. In questi casi, nel valutare se nel comportamento del professionista possono ravvisarsi profili di imprudenza, imperizia o negligenza, l’impossibilità di quest’ultimo di documentare il pieno adempimento dell’obbligo di aggiornamento può pesare in maniera determinante sull’esito del giudizio. Verosimilmente anche le società Assicuratrici potranno contestare l’illecito disciplinare per giustificare il rifiuto di risarcire il danno.

Più nello specifico: la relazione tra il medico ed il paziente è bastata su un dialogo onesto e leale, in cui il sanitario è tenuto a raccogliere un’adesione effettiva e partecipata all’intervento. La correttezza e la lealtà del medico stanno anche nell’osservanza del percorso di aggiornamento previsto nella disciplina ECM, in quanto chi riceve le cure del professionista sanitario confida nel fatto che l’operatore sia sempre aggiornato sulle ultime linee guida e sulle ultime novità. Si parla infatti di consenso libero e consapevole del paziente, inteso come presupposto di legittimità dell’operato del medico, aspetto rilevante dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale in tema di responsabilità medica (v. legge Gelli–Bianco[4]).

Il danno risarcibile può consistere nel danno alla salute (nel caso in cui il paziente dimostri che, se correttamente informato, avrebbe evitato di sottoporsi all’intervento e di conseguenza di subire gli eventuali effetti invalidanti) oppure nel danno relativo alla lesione del diritto di autodeterminazione, che consiste nella libertà di disporre consapevolmente del proprio corpo.

La violazione da parte del medico dell’obbligo di adeguata formazione e aggiornamento, può quindi andare a ledere il dovere di dare corrette informazioni al paziente compromettendo il diritto dello stesso ad un consenso informato. Per cui nel caso in cui un medico cagioni un danno ad un paziente e sia chiamato a risarcirlo, l’eventuale irregolarità ECM potrebbe incidere in termini di quantificazione della colpa professionale, col rischio che l’assicurazione si “chiami fuori” proprio per questo motivo.

  • Inoltre chi non si aggiorna è soggetto a sanzioni disciplinari.

Il 31 dicembre 2021 è il termine ultimo per procedere al conseguimento dell’obbligo formativo ECM per i trienni 2014-2016 e 2017-2019. I medici e i professionisti sanitari che non avranno raggiunto il numero di crediti ECM previsto dalla legge (150 per triennio, al netto di eventuali esenzioni) dovranno rendere conto del mancato rispetto dell’obbligo formativo agli Ordini di appartenenza. Il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, ha affermato “Dal 2022 partiranno controlli e sanzioni che potranno andare dall’avvertimento alla radiazione”.

Le tipologie di sanzioni sono stabilite dalla legge e dalla più lieve alla più grave sono:

  1. Avvertimento, cioè richiamo a non ricadere più nella mancanza commessa;
  2. Censura, una dichiarazione di biasimo per il comportamento tenuto;
  3. Sospensione da un minimo di 1 mese ad un massimo di 6 mesi;
  4. Radiazione dall’Albo.

La legge professionale contempla esclusivamente le tipologie di sanzioni sopra elencateper cui l’Ordine non può comminare sanzioni pecuniarie, multe o ammendené può imporre il pagamento di risarcimenti. Inoltre la normativa di riferimento non individua una specifica sanzione per ogni specifica infrazione, ma lascia libero l’Ordine di determinare la sanzione secondo criteri di adeguatezza e proporzionalità.

Per quanto riguarda le sanzioni dell’avvertimento e della censura, è necessario evidenziare che in entrambi i casi il provvedimento non incide sull’esercizio professionale (il medico/odontoiatra “avvertito” o “censurato” può comunque continuare ad esercitare regolarmente), invece per ciò che attiene alla sospensione e alla radiazione, queste tipologie di sanzioni interrompono (temporaneamente o definitivamente) l’attività, impedendo al professionista di esercitare.

Se quest’ultimo continua comunque a praticare la sua attivitàcommette il reato di esercizio abusivo della professione. Proprio per evitare questa eventualità e rafforzare l’afflittività della sanzione, la legge professionale prevede che, in entrambi i casi (sospensione e radiazione), l’Ordine debba informarne le Autorità Giudiziarie (la Procura della Repubblica) e anche i Ministeri (Salute, Lavoro, Giustizia, Università).

Andando ad osservare più nel dettaglio la sanzione della sospensione, occorre precisare che questa dispiega i suoi effetti solo sull’esercizio della libera professione (eventualmente anche intramoenia), ma non sul rapporto di lavoro dipendente. Infatti se il professionista è dipendente di un Ente pubblico o privato, la sospensione irrogata dall’Ordine non implica automaticamente la sospensione dal lavoro dipendente, che potrà eventualmente essere decisa autonomamente dal datore di lavoro.

Mentre per ciò che concerne la radiazione la faccenda è più complessa. Quest’ultima per sua stessa natura, è una sanzione così grave che preclude al medico di poter esercitare la professione vita natural durante. Tuttavia ai sensi dell’art.50 del Dpr 221/1950 è prevista una possibilità di “ravvedimento” se dopo cinque anni dal provvedimento, il professionista dimostra di aver avuto un comportamento ineccepibile e ha ottenuto la riabilitazione (se aveva subito una condanna penale). Solo allora il medico/odontoiatra può chiedere la re-iscrizione all’Albo e l’Ordine, valutando quanto sopra, può concederla.

Come ogni atto amministrativo, anche la decisione dell’Ordine di irrogare una sanzione disciplinare può essere revocata. Questo può avvenire solo in presenza di validi e fondati motivi, come nel caso in cui emergono fatti nuovi e dirimenti che impongono la revisione del procedimento disciplinare, oppure quando si scopre che i fatti su cui si fondava la condanna disciplinare in realtà erano falsi o inesistenti. Si tratta di ipotesi che in ogni caso necessitano di prove inoppugnabili perché la revisione di un procedimento definitivo è sempre evento eccezionale.

Infine contro la sanzione irrogata dall’Ordine il professionista può presentare ricorso alla CCEPS, con sede presso il Ministero della Salute, in quanto organo di appello rispetto alle decisioni degli Ordini provinciali. Il ricorso deve essere depositato entro 30 giorni dal ricevimento della notifica del provvedimento e ha effetto sospensivo, nel senso che l’applicazione della sanzione rimane sospesa fino alla decisione della Commissione Centrale. Contro quest’ultima sia il professionista che l’Ordine possono presentare ricorso in Cassazione. Tale ultimo grado di giudizio, però, non ha effetto sospensivo nel senso che nelle more della decisione della Cassazione la decisione presa dalla Commissione Centrale è esecutiva.

La sanzione disciplinare, quando diviene esecutiva, viene annotata sull’Albo professionale e di questa ne resta traccia anche una volta che la stessa sanzione è considerata “scontata”, con la conseguenza che può essere conosciuta da chiunque, in qualunque momento data la natura pubblica dell’Albo dei medici chirurghi e odontoiatri (principio valido per ogni tipologia di sanzione irrogata).

In conclusione, al di là dell’esistenza o meno di specifiche sanzioni che sicuramente vanno a incidere in maniera significativa sull’attività del professionista, ogni medico e odontoiatra dovrebbe mantenersi in regola con l’obbligo ECM, sia per non perdere occasioni di lavoro che per non subire contestazioni di tipo legale o assicurativo, ma soprattutto perché chi non si forma costantemente non può definirsi un buon medico e un buon operatore sanitario.


[1] Consorzio Gestione Anagrafica delle Professioni Sanitarie
[2] CCEPS
[3] Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri.
[4] Legge 24/2017, meglio nota come legge Gelli – Bianco.