L'intervista

Il Metodo Antiacido per la Prevenzione e la Cura delle Malattie
di STEFANO FAIS

23 Novembre 2021

Iniziamo da una breve panoramica sui libri da Lei scritti e che ha sottoposto alla nostra attenzione. Che argomenti affrontano e cosa l’ha spinta a realizzarli?

I miei libri sono in ordine di pubblicazione: (1) IL METODO ANTIACIDO PER LA PREVENZIONE E LA CURA DELLE MALATTIE; (2) LA TERAPIA ANTIACIDA PER LA CURA DEI TUMORI E (3) LA MEDICINA È UNA SOLA (E-BOOK)

IL METODO ANTIACIDO PER LA PREVENZIONE E LA CURA DELLE MALATTIE scritto insieme a Rocco Palmisano, che è un naturopata molto orientato sulle diete alcalinizzanti e l’uso di acqua alcalina. Il libro si divide in tre parti, quella scritta da me che propone un percorso attraverso la scienza e la medicina che mi ha portato a credere fermamente che alcalinizzare il nostro organismo può contribuire efficacemente sia a prevenire che a curare molte delle malattie croniche ed acute conosciute. La mia esperienza è sui tumori, ma l’infiammazione e la degenerazione sono chiaramente caratterizzate da una acidità (i.e. basso pH) dei tessuti colpiti. Questo perché per il buon funzionamento del nostro organismo è necessario che non si verifichino delle alterazioni permanenti del pH al livello periferico, per cui poi diventa difficile mantenere il nostro pH ai livelli normali che sono alcalini (7,4). La parte scritta da Rocco Palmisano tratta specificatamente di diete alcaline e di alcalinizzazione dell’acqua potabile. Poi vi è una parte scritta da entrambe che parla solo di acqua e del suo enorme valore per un corretto funzionamento del nostro corpo.

LA TERAPIA ANTIACIDA PER LA CURA DEI TUMORI è un libro scritto solo da me e che oltre la descrizione del percorso che mi ha portato a proporre una terapia antiacida dei tumori, risultato di 20 anni di ricerca pionieristica, ha la presunzione di essere un inizio di percorso di cura. Perché parte dalla considerazione che i tumori sono diventati un incubo globale, che ha creato nell’immaginario collettivo la convinzione che una diagnosi di tumore sia l’anticamera di una morte, spesso fra mille sofferenze. Ma invece, i tumori sono delle malattie e come tali possono essere efficacemente curati, non necessariamente guariti, perché la medicina primariamente cura. A sostegno delle mie parole, ci sono le lettere dei pazienti che mi chiedono aiuto, ed alla fine le storie di alcuni pazienti che hanno seguito i miei consigli, raccontate direttamente da loro. Non vi è dubbio che in generale impaurire la gente è un metodo efficacissimo per fargli fare quello che vuoi. Ma veramente credo che ad essere impauriti no siano solo i pazienti, ma anche i medici, che preferiscono sempre applicare quello che è scritto nelle linee guida, che pensare ed agire come la medicina stessa suggerisce; cioè che in realtà esistono principalmente i malati e non le malattie. Ma, non a casa quando si parla di tumori o di cancro, se ne parla come se fossimo nel bel mezzo di una guerra. E si sa in guerra tutto è lecito perché si sta rischiando la vita, o più in generale di perdere. Nel libro ne parlo molto. Si sa che sia il diritto alla vita che il diritto alla salute sono grandi conquiste, forse le più importanti, dell’umanità. Ma si sa anche che entrambe i diritti non sono ugualmente rispettati nel mondo. Lì dove c’è una guerra intanto non è rispettato il diritto alla vita, e lì dove non è rispettato il diritto alla vita come fa a sussistere un diritto alla salute. Quindi, se si parla di GUERRA AI TUMORI, automaticamente si fanno scomparire nella mente della gente questi due diritti fondamentali, predisponendo ogni singolo individuo ad ogni tipo di sofferenza perché poi in fondo lo scopo finale è salvarsi da una morte quasi certa. La mia presunzione, con il libro “La terapia antiacida per la cura dei tumori” anche parlando di malattie considerate terribili come I TUMORI, è stata quella di provare prima di ogni altra cosa a far arrivare un tocco magico o comunque tranquillizzante a tutti i lettori. Certo il titolo rispecchia quello che io ho fatto almeno negli ultimi 20 anni della mia attività di ricerca in medicina e prima ancora in una sorprendente anche per me varietà di ambiti di ricerca. Infatti il mio CV è assolutamente anomalo per un 64enne con 40 anni di ricerca alle spalle ed almeno 20 di attività di medico a vari livelli. Per esempio ho 20 pubblicazioni scientifiche in Virologia ed un post dottorato in Virologia, e nessuno mi chiama Virologo, ma neanche io lo vorrei! Al di là di tutto il mio libro NON È UN MANUALE DI ISTRUZIONI, anche se il titolo farebbe pensare a questo. È altresì un libro che vuole portare un po’ di tranquillità e magari anche un po’ di magia nelle case di chi lo legge. E citando Murakami evitare che un OMBRA OSCURA entri nelle vite degli esseri umani. Entrando più nel merito una prima, anche se ormai molto difficile, operazione dovrebbe essere quasi un intervento al livello sociale. Cioè togliere dalla testa che i tumori siano delle condanne a morte, con un passaggio attraverso ogni tipo di sofferenza fisica e mentale. I tumori sono in realtà delle malattie, che come tutte le malattie conosciute possono essere efficacemente curate, non necessariamente guarite; anche se alla guarigione ci si può arrivare, con un percorso completamente diverso da quello attualmente utilizzato. Con questo però bisogna lasciare gli esseri umani liberi di scegliere il percorso che li fa stare più tranquilli, anche se attraverso l’utilizzo di protocolli standard.

LA MEDICINA È UNA SOLA è un e-book che raccoglie i miei pensieri ed alcuni articoli che supportano un ritorno ad una medicina inclusiva, anzi possibilmente collaborativa. La medicina convenzionale di tipo occidentale ha fatto tabula rasa trasformando il malato in una malattia. Salvo che per alcune propensioni di una parte della psicosomatica e della psicologia, essa si è infatti concentrata quasi completamente sulle reazioni fisico-chimiche dell’organismo, omettendo o minimizzando cofattori importanti quali le condizioni relazionali, di realizzazione esistenziale e di benessere interiore del paziente. La possibilità, o addirittura il dovere, di reintegrare questa visione apre a nuove integrazioni proficue tra i vari saperi medici. Le scoperte della neurologia del resto vanno chiaramente in questa direzione. Su questo si potrebbe incardinare un percorso di avvicinamento da parte della medicina ufficiale verso una medicina integrata. Da parte delle altre cosiddette medicine complementari ci dovrebbe essere, invece, un atteggiamento di sano realismo di fronte a determinate situazioni patologiche gravi che ab-bisognano di interventi d’urgenza e drastici, qualità in cui la medicina moderna eccelle. Il tutto però all’interno della libertà di scelta terapeutica, che mai deve arrivare a ingiungere un trattamento sanitario obbligatorio a un paziente, dato che il diritto di inviolabilità dell’essere umano in teoria è un principio che da qualche se-colo viene riconosciuto a vari livelli da molte organizzazioni statali e internazionali.  Questo libro pone le fondamenta di una nuova visione, integrata e complementare, della Medicina del futuro.

Lei ha ideato e curato anche un videocorso nel periodo del lockdown. Quali sono state le maggiori criticità che ha riscontrato a causa della pandemia? Cos’è cambiato in termini di prevenzione? Quali le ripercussioni maggiori?

L’ho girato durante il lockdown, ma non riguarda il lockdown. Diciamo che quel periodo in cui tutto si è fermato mi ha dato il tempo di girarlo, chissà? Comunque, è una lunga chiacchierata su quello che si può fare per prendersi cura della propria salute anche in momenti così difficili. Si parla molta di acidità ed alcalinizzazione, ma anche di equilibrio redox e uso di antiossidanti che possono migliorare la risposta immunitaria. Per il resto preferirei non parlarne per il timore che qualsiasi cosa dica possa essere interpretata e risultare fuorviante.

Tra i punti da Lei evidenziati ci ha colpito molto questa riflessione: “Il microambiente tumorale dovrebbe essere il vero obiettivo delle terapie. In particolare l’acidità che sostiene la progressione maligna del tumore”. Perché il condizionale? Cosa andrebbe “corretto” a livello pratico nelle terapie? Che tipo di progressi ha compiuto la scienza in questo senso?

Beh credo che sia più corretto dire che sono arrivato a conclusioni diverse, ma completamente all’interno delle regole. Infatti, mentre il mondo scientifico è concentrato sempre di più nella ricerca di terapie innovative e personalizzate attraverso l’identificazione di un bersaglio molecolare, io ho contribuito a dimostrare che i tumori fra di loro hanno più aspetti in comune che differenziativi. Gli aspetti comuni a tutti i tumori: il basso apporto di sangue, i bassi livelli di ossigeno e la acidità presenti nell’ambiente tumorale. Una visione globale che si differenzia dalla ricerca convenzionale. 

Il libro è frutto di una lunga storia di attività clinica e di ricerca. Quando sono arrivato all’Istituto Superiore di Sanità volevo capire a che punto eravamo con le terapie farmacologiche. Sono rimasto deluso. La sorpresa è stata trovarmi di fronte a un approccio di cura aggressivo e sbagliato. Dal 2009, secondo uno studio condotto da ricercatori inglesi, per la cura dei tumori non c’è un farmaco di nuova generazione che realmente funziona rispetto alle terapie standard (chemio e radio terapia). Da qui la scelta di trovare un’altra strada. L’acidità presente nell’ambiente tumorale non è solo l’argomento chiave del libro, ma uno dei principali campi dell’attività di ricerca del dott. Stefano Fais. Un percorso che ha portato alla dimostrazione secondo la quale “i nuovi farmaci non funzionano perché i tumori sono acidi. Hanno un pH medio di 6.5 rispetto a quello del sangue arterioso, che è considerato un rifermento per nostro organismo, che è di 7.4, e quindi alcalino. E quindi il nuovo paradigma che propongo è cruciale per la nostra salute “i tumori sono acidi e noi siamo alcalini”. Nel libro scrivo che tale acidità seleziona cellule che sanno vivere in un ambiente così ostile e che per viverci contribuiscono ulteriormente ad acidificare l’ambiente tumorale.

Il suo gruppo ha dimostrato pre clinicamente che una famiglia di farmaci antiacidi è estremamente efficace. Gli studi pre-clinici sono stati supportati da crescenti evidenze cliniche. Quali? Può riportarci qualche esempio significativo?

Anche di questo parlo molto nel libro. Ma non con lo scopo di creare una ulteriore fronte di polemica con l’oncologia ufficiale. Mi sembra però evidente che una terapia così aggressiva, per la quale si sa troppo spesso si hanno principalmente effetti collaterali doveva essere superata da tempo. Ma, purtroppo non è così, dopo circa 79 anni dall’uso del primo chemioterapico nella terapia dei tumori, la chemioterapia è ancora la terapia medica di prima scelta nei confronti dei tumori. Nei due libri parlo appunto dell’origine della chemioterapia che parte dall’uso dei derivati delle mostarde azotate, su cui si basavano i gas nervini usati nella prima guerra mondiale. Gli studi preclinici e clinici si sono focalizzati sull’uso di una famiglia di antiacidi usati da mezzo mondo chiamati inibitori delle pompe protoniche (PPI), con nomi conosciuti, omeprazolo, lansoprazolo, rabeprazolo, pantoprazolo etc. Gli studi preclinici hanno mostrato che i PPI alcalinizzano il microambiente tumorale e da una parte migliorano l’efficacia dei chemioterapici, dall’altra uccidono da soli le cellule tumorali perché le privano di un meccanismo che consente loro di vivere in un ambiente acido. Gli studi clinici sono stati tutti orientati a verificare l’effetto chemosensibilizzante che è stato dimostrato in osteosarcomi e tumori della mammella e del tratto gastroenterico, ma anche in tumori della testa/collo. Studi retrospettivi effettuati in Cina su un gran numero di donne hanno dimostrato che donne che facevano uso di PPI per problemi di iperacidità avevano una minore incidenza di tumori della mammella. Il primo a parlarne fu un premio Nobel 1931, che si chiamava Otto H. Warburg. Lui dimostrò che la differenza fondamentale fra una cellula normale e una tumorale è che la prima ha bisogno di ossigeno per svolgere i suoi processi metabolici, quella tumorale che ci sia o non ci sia ossigeno fermenta gli zuccheri rilasciando acido lattico. Oggi il mio gruppo come pochi altri nel mondo, ha dimostrato che questo processo porta alla progressiva acidificazione del microambiente tumorale, in quanto l’acido lattico rilascia Ioni Idrogeno (H+). L’acidità viene poi mantenuta dall’attività delle pompe protoniche che liberano nell’ambiente extracellulare gli H+. Quello che noi abbiamo fatto per primi al mondo è stato di trattare con Inibitori di Pompa Protonica (PPI) sia le cellule tumorali che i tumori, inducendo due fenomeni:

1.Migliorare l’efficacia di tutti gli altri trattamenti.
2.Uccidere direttamente le cellule tumorali perché le pompe protoniche evitano l’acidificazione interna delle cellule.

Quanto è importante stabilire un rapporto empatico con il paziente? Ed in che modo ciò può fare la differenza anche nel trattamento della malattia?

Si è evidente che in questo periodo domina l’informazione sulla questione Sars-Cov2, e si parla assai poco di altre malattie, e questo riguarda anche i tumori. Ma la realtà è che nel mondo ogni anno ci sono più di 20 milioni di diagnosi di tumore e sfortunatamente tra i 9 ed i 10 milioni di morti. Solo in Italia muoiono circa 500 persone al giorno di tumore. Ma sono numeri di cui non si parla più. Chiunque si sia trovato di fronte come medico un essere umano a cui era da poco stato diagnosticato un tumore ha potuto rendersi conto che chi aveva di fronte era avvizzito dalla paura, direi privo di ogni energia vitale. Non si può curare nulla, incutendo paura. Onestamente quello che ho visto che un trasferimento di energia anche se per certi versi non paradigmatico, ha effetti immediati sul paziente che si sente subito in grado di affrontare la malattia e le conseguenti terapie. Come accennato in precedenza, lo scopo della medicina è curare, non necessariamente guarire. Ma, mentre questo viene accettato per la gran parte delle malattie (e.g. ipertensione arteriosa, diabete, morbo celiaco, AIDS) per i tumori non viene accettato, perché vi è una quotidiana paura di morire. Ma, sostengo, in realtà anche i tumori sono delle malattie e come tali possono efficacemente essere curati, non necessariamente guariti. Per scherzare dico spesso: “La vita è una malattia cronica, ingravescente, inevitabilmente fatale ed anche trasmessa sessualmente; quindi quando si parla di guarigione ci si oppone ad un processo naturale, perché dalla vita non si guarisce”.

Dr. Stefano Fais
Head of Research
Department of Oncology and Molecular Medicine
Dept. of Therapeutic Research and Medicines Evaluation
Istituto Superiore di Sanità (National Institute of Health)
Viale Regina Elena, 299
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E-mail: stefano.fais@iss.it