Cultura è Salute

Una vita tra medicina, Jim Morrison e i “The Doors”
di MASSIMO PISCAGLIA

12 Gennaio 2022

James Douglas Morrison ci ha lasciati mezzo secolo fa a soli 27 anni. Un artista, il frontman dei “The Doors”, che non ha certo bisogno di presentazioni. In Italia il Fan Club The Doors Italia ha pubblicato il saggio “A renaissance man in Paris” scritto dal vicepresidente del fan club 𝑀𝑎𝑠𝑠𝑖𝑚𝑜 𝑃𝑖𝑠𝑐𝑎𝑔𝑙𝑖𝑎, che è anche un medico, e che “La Voce dei Medici” ha intervistato.

La domanda sorge subito spontanea: come mai un medico è anche membro direttivo del fan club nazionale dei The Doors?

I due aspetti di fatto convivono in sintonia senza una vera e propria connessione; il mio interesse per “The Doors” risale all’epoca della mia adolescenza, quando cioè seguivo con passione e coinvolgimento i nuovi stili musicali provenienti dal mondo anglo-sassone, europeo ed oltre-oceano; in particolare ero rimasto colpito ed affascinato dalle intense e del tutto particolari sonorità che accompagnavano le esecuzioni delle canzoni doorsiane, ivi compresi uno stile interpretativo canoro ed una liricità dei testi del tutto originali, che agivano su di me con risonanza particolare, tanto da far si che in breve tale gruppo musicale diventasse il mio favorito; col tempo poi ho avuto modo di approfondire la conoscenza di Jim Morrison, leader e frontman dei “The Doors”, acquisendo notizie che non solo corroboravano, ma addirittura aumentavano e perfezionavano il mio coinvolgimento, approdando gradualmente e convogliando il mio entusiasmo in un vero e proprio interesse esegetico. Se un trait d’union può intervenire tra la mia professione medica (in particolare quale specialista medico legale) e Jim Morrison questo può essere ravvisato in un mio progetto relativo alla elaborazione scritta di un saggio in chiave appunto medico legale di ordine tanatologico relativo alla morte di Jim Morrison, il carattere misterioso della quale ha dato luogo nel corso degli anni alla elaborazione di numerose ipotesi interpretative, talora anche bizzarre; a tal fine mi sono documentato acquisendo copiosa documentazione, di natura storico-circostanziale e soprattutto sanitaria (verbali di sopralluogo, referti di ispezione cadaverica ecc.), ma attualmente ho accantonato almeno temporaneamente questa mia iniziativa in virtù di 3 motivi: il primo di questi consiste nella esistenza di una interessante indagine già pubblicata da parte un autore americano diversi anni or sono che, pur essendo di stampo giornalistico e non medico legale ha tuttavia contaminato l’originalità della mia prima idea; il secondo è che di fatto per motivi vari allo stato odierno non è più possibile giungere ad un giudizio interpretativo definitivo, ma solo più o meno attendibilmente ipotetico; in altre parole ritengo che sia possibile contraddire alcune delle ipotesi formulate, ma non altrettanto giungere ad una diagnosi conclusiva di certezza; il terzo è che in fin dei conti è ben più importante aspirare a mantenere viva e vitale l’essenza di Jim Morrison divulgandone la produzione artistica piuttosto che indagare sulla sua morte.

Lei nella vita di tutti i giorni di cosa si occupa? E com’è nata invece questa passione per la musica?

Nella mia quotidianità esercito la professione medica a Pesaro come specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni; più specificamene in qualità di specialista ambulatoriale presso INAIL e come libero professionista per consulenze offerte sia ad Organi Giudiziari, sia a Compagnie di Assicurazioni, sia a privati. L’interesse per la musica ed anzi per un certo tipo di musica appartiene ad una epoca lontana, nella quale l’ascolto di generi musicali che erano esplosi tra la fine degli anni 60 e l’inizio dei 70 si accompagnava ad entusiasmo e curiosità; peraltro all’epoca della mia adolescenza ho trascorso periodi di vacanze-studio in Gran Bretagna ed in tali contesti ho vissuto anche in maniera parzialmente più diretta anche in loco l’epoca di straordinari cambiamenti collegati alla musica giovanile.

Coniugare l’attività di medico alla passione per la musica l’ha aiutata anche nel suo lavoro? Quanto l’arte è di supporto nel prevenire ad esempio il burnout? E più in generale quanto favorisce l’empatia con il paziente?

Penso che la musica e l’arte in particolare, laddove ci si avvicini con sincero trasporto al di fuori di condizionamenti esterni e/o suggerimenti impositivi giochino un ruolo indubbiamente migliorativo in tutti i sensi su tutte le persone, giacché creano una condizione di benessere dello stato d’animo stimolando una partecipazione affettiva positiva oltreché potenziali di fantasia e di intuizione; nella vita quotidiana non ci si deve aspettare dal mondo dell’arte un potere risolutivo tale da creare nell’estimatore nuove dimensioni o nuovi mondi; credo che tuttavia l’arte possa migliorare grandemente la dimensione umana nella sua intrinseca struttura, contribuendo pertanto da un lato ad allentare tensioni che i molteplici e reiterati oneri quotidiani prima o poi comportano ed associandosi ad altri comportamenti negativi con effetto a cascata alterano lo stato d’animo fino al burn out appunto; dall’altro certamente l’arte affina nella persona la propria intrinseca sensibilità creando le condizioni di una maggiore comprensione ed adeguatezza; ciò in senso generale ed ancora di più nell’ambito della professione medica, che richiede una pluralità di approccio nella interazione col paziente.

Lei ha scritto anche un libro in merito: qualche breve accenno?

Allo scopo di fare conoscere la figura di Jim Morrison nella sua vera essenza contrastandone l’immagine negativa che troppo spesso è stata fornita comunemente e arbitrariamente, nonché la molteplicità della sua dimensione artistica ho recentemente scritto un breve saggio che ho intitolato “A Renaissance Man in Paris”; ho presentato Jim Morrison come uomo del Rinascimento perché in lui si concentrava davvero uno spirito tipicamente rinascimentale volto ad esprimere forme culturali molteplici in un sinergismo reciproco; sebbene questi sia noto al pubblico solamente come cantante e autore di canzoni in realtà la musica riguardava solo un singolo aspetto della sua vena creativa, che spaziava largamente contemplando anche (e soprattutto) la poesia, ma anche la filosofia, la cinematografia, il teatro ed altro ancora. La pubblicazione di detto saggio è avvenuta nell’ambito di iniziative varie intraprese dal The Doors Italia FanClub, del quale sono vice-presidente e che vede nel contesto direttivo la partecipazione di Daniele Ridolfi, Andrea Lomanto e Fabio Cubisino (rispettivamente presidente, segretario e tesoriere); la seconda parte del titolo si riferisce alla città di Parigi dove Jim Morrison ha concluso la propria esistenza riallaciandosi altresì alla realizzazione di un documentario filmato del FanClub alcuni anni fa, sulle orme di Jim Morrison a Parigi passando in rassegna i luoghi storici da quest’ultimo frequentati secondo la storiografia. La scelta e la pubblicazione delle fotografie utilizzate per il fronte ed il retro di copertina sono state autorizzate dall’autore delle stesse, Frank Lisciandro (col quale il FanClub è dal 2015 in costante contatto diretto avendo sviluppato un intenso legame di reciproca collaborazione e di sincera amicizia consolidato nel tempo); questi, a suo tempo amico intimo di Jim Morrison e suo collaboratore come co-regista e fotografo, ha suggerito la scelta di tali due immagini riconoscendole come quelle che a suo parere più di altre avevano catturato il ritratto del “vero” Jim Morrison, al di là di tanti stereotipi che ne caratterizzano l’opinione comune.

Club Medici porta avanti il progetto “Cultura è Salute”. Lei ritiene che “cultura” sia sinonimo di “salute”? Quanto le discipline artistiche possono essere di supporto nello sviluppo del benessere della persona?

Il progetto Cultura è Salute a propria volta sembra ispirarsi in qualche modo, per estensione, ad una visione concettualmente umanistico/rinascimentale, ponendo in primo piano l’uomo nella sua essenza come persona globale; cultura è nutrimento per la psiche e l’animo come il cibo lo è per il corpo; il buon cibo genera salute per il corpo; la cultura è buon nutrimento per l’animo; corpo e psiche sono a loro volta entità indissolubilmente consustanziali; da tanti sillogismi deriva che sicuramente Cultura è Salute; le discipline artistiche rappresentano il carburante utile per l’affinamento ed il potenziamento della componente interiore della persona, essenziale per una vita personale e sociale piena.