Diritti e Doveri

WhatsApp&prova: la rilevanza nel processo civile e in quello penale
di SILVIA FONTANIVE

Di Silvia Fontanive, Avvocato iscritto all’Albo degli Avvocati di Pisa.

L’utilizzo di WhatsApp, l’applicazione di messaggistica ormai diffusa in tutto il mondo, ci impone di prestare la dovuta attenzione a ciò che scriviamo, in particolar modo nel momento in cui il destinatario dei nostri messaggi non è un familiare, né un amico, bensì un soggetto al quale siamo legati da un rapporto professionale. Pensiamo ad un Collega, ad un superiore, alla persona che abbiamo in cura: il paziente.
Può capitare infatti che ciò che viene scritto e scambiato all’interno della chat possa poi essere speso in sede di contenzioso legale.
Ciò che ci chiediamo, quindi, è: quale valore hanno, all’interno di un procedimento civile o penale, i messaggi trasmessi e ricevuti tramite WhatsApp?

  1. Processo civile

Premettiamo anzitutto che, al documento informatico, è riconosciuta validità e rilevanza agli effetti di legge. Quindi, quello informatico, è un documento al pari del cartaceo. È valido e liberamente valutabile, in giudizio, come qualsiasi atto scritto.
Le conversazioni effettuate mediante WhatsApp sono da considerare alla stregua di documenti informatici e pertanto, in virtù della equiparazione sopra esposta, risultano soggetti alla normativa presente nel nostro ordinamento.
Le norme che regolano la materia sono essenzialmente due: l’articolo 2712 codice civile e l’articolo 2719 codice civile.
L’articolo 2712 codice civile stabilisce che le riproduzioni meccaniche, fonografiche, le registrazioni e ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e cose formino piena prova dei fatti e delle cose che rappresentano. Quindi, i messaggi scambiati su WhatsApp sono idonei a dimostrare la conversazione avuta e il suo contenuto. Sussiste tuttavia la possibilità che la persona contro la quale vengono prodotte tali riproduzioni audio, video, testo, ne disconosca la conformità a quanto si intende provare.
L’articolo 2719 codice civile prevede invece che la copia fotografica di una scrittura abbia la medesima efficacia della scrittura autenticata, qualora la conformità all’originale della stessa sia stata attestata da un pubblico ufficiale, oppure se la scrittura non è espressamente disconosciuta dal soggetto che l’ha realizzata.
Dunque, è consentito realizzare una copia della chat di WhatsApp e rivolgersi ad un Pubblico Ufficiale (es.: Notaio), affinché la dichiari conforme all’originale. A questo punto, la si potrà produrre in giudizio.
È evidente la diversità tra gli articoli 2712 c.c. e 2719 c.c. Nel primo caso, viene riprodotto il documento.
L’articolo 2719, invece, si occupa della ricostruzione dei fatti attraverso un atto originale che giunge al destinatario in copia, ad esempio mediante fax.
Dunque, nel processo civile, il documento informatico può essere riprodotto mediante copia cartacea o digitale. E la prova si forma se tale documento non è contestato dall’altra parte. A tal proposito, la contestazione non potrà essere generica, ma dovrà risultare precisa e circostanziata (es.: manca una parte fondamentale del testo, come l’indicazione del mittente, oppure la data ed è per questo che si ritiene che tale copia non sia uguale all’originale). In questo caso, sarà il Giudice a valutare la spendibilità del documento prodotto come prova, alla luce anche degli eventuali ulteriori elementi probatori introdotti nel giudizio (Cassazione civile, sentenza n..9884/2005, Cassazione civile n. 866/2000)

  1. Processo penale

Richiamiamo anzitutto il contenuto dell’articolo 234 del codice di procedura penale che fornisce la definizione della “prova documentale”.
Essa è da intendersi quale “scritto o altro documento in grado di rappresentare fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo”. La norma prevede dunque espressamente la possibilità di acquisire documenti facendo ricorso alle modalità elencate al suo interno.
La conversazione su WhatsApp può, secondo la Corte di Cassazione (tra le altre, sezione penale, sentenza n.49016 del 2017), costituire legittimamente fonte di prova di natura documentale.
Vale la pena ricordare che il dato digitale può essere facilmente modificato e dunque sarà opportuno produrne in giudizio una copia “forense” così proteggersi da eventuali eccezioni formulate dalla controparte.
Oppure, ai fini della utilizzabilità della prova, si dovrà acquisire il supporto informatico che contenga la conversazione, con conseguente trascrizione dei messaggi scambiati. Occorre infatti controllare l’affidabilità della prova medesima mediante l’esame diretto del supporto, così da verificare con certezza sia la paternità delle conversazioni sia l’attendibilità di quanto da esse riportato.