L'intervista

La “Scuola in Ospedale” al Gaetano Pini-CTO di Milano – di ANTONIO MEMEO

16 Febbraio 2022

La scuola accompagna la crescita di bambini e ragazzi, anche nei momenti più difficili: proprio dalla sinergia tra scuola ed ospedale è nato il progetto “Scuola in ospedale”, che permette ai giovani pazienti di età compresa tra i 6 e i 18 anni di età di proseguire la didattica anche durante il ricovero. All’interno dell’ASST Centro Specialistico Ortopedico Traumatologico Gaetano Pini-CTO di Milano è stato creato un vero e proprio percorso pediatrico che, dal pre-ricovero alle dimissioni, garantisce un’assistenza adeguata ai pazienti e comprende anche un’area ricreativa. Ne parliamo in questa intervista con il dott. Antonio Memeo, Direttore dell’Unità operativa complessa di Ortopedia e Traumatologia Pediatrica presso l’ASST Gaetano Pini-CTO.

L’ASST Gaetano Pini-CTO si impegna costantemente per garantire ai giovani degenti un tempo di qualità in ospedale, da qui la partnership con l’Istituto Comprensivo Cavalieri con l’appuntamento quotidiano di “Scuola in ospedale”. Di cosa si tratta?

Premetto che la scuola in ospedale c’è da moltissimi anni ed è un progetto molto importante grazie al quale i bambini non devono interrompere gli studi nel momento del ricovero. Era stata sospesa durante la prima ondata di Covid-19, nella primavera del 2020, perché erano stati quasi annullati i ricoveri eccetto quelli di estrema urgenza, dopodiché con il ripristino di una “semi normalità” è ripresa anche questa attività. È una proposta che prevede la presenza di insegnanti in ospedale ed è un progetto gestito dall’Istituto Comprensivo “B. Cavalieri” di Milano (Scuola pubblica di Milano che comprende classi elementari e medie); abbiamo un reparto che è un’“area pediatrica” dove vengono ricoverati circa 20 bambini. Comprende quindi 20 posti letto, uno per ogni paziente ed un accompagnatore, il cui ruolo di supporto ed assistenza è fondamentale. Dieci posti letto sono dedicati alla traumatologia pediatrica, 5 alla reumatologia, 2 ai day ospital e gli altri letti per patologie vertebrali o oncologia ossea. La “Scuola in ospedale” prevede la presenza del docente per 22 ore per settimana, dalle 10.30 alle 16.00: è un insegnante di supporto alla fascia d’età delle elementari, ma la sua funzione si estende anche ai pazienti più grandi. Chi deve affrontare una degenza lunga, può così mantenere un contatto con il mondo della scuola e riceve un supporto costante ad esempio nel fare i compiti. La fascia oraria è studiata in base alle esigenze ospedaliere ed il docente è presente dal lunedì al venerdì.

Come rispondono i ragazzi? E le loro famiglie?

Sono ovviamente molto contenti! Tra l’altro anche durante la didattica a distanza questo tipo di servizio è stato molto utile perché l’insegnante poteva mettersi direttamente in contatto con i docenti che facevano Dad e quindi c’era un dialogo costante che consentiva, anche a chi era in ospedale, di rimanere al passo con il programma di studi. Ora siamo tornati alla didattica frontale, singola o di gruppo, a seconda del percorso scolastico che stanno portando avanti i pazienti. Questo reparto esiste da 20 anni ed abbiamo puntato sempre moltissimo sulla scuola.

Scuola che rientra in un più ampio sistema di attività ricreative…

Sì, abbiamo una sorta di “sala giochi”, un’area ludico-ricreativa molto grande per le attività di didattica e non solo. I ragazzi hanno modo d’interagire tra di loro, si tratta di uno spazio che favorisce il contatto, il dialogo, lo scambio di emozioni. È molto utile per i pazienti che devono rimanere a lungo in ospedale; penso ai bambini che hanno bisogno di allungamento chirurgico degli arti o sono pazienti oncologici, insomma in questo modo non perdono i contatti con la realtà. Nell’area ricreativa è stata allestita anche una piccola biblioteca, donata dalla OnlusIl sorriso di Matilde”, una bimba tragicamente scomparsa dopo un incidente sugli sci; la famiglia ci ha voluto donare questa biblioteca, che viene alimentata grazie alle donazioni che riceviamo da parte di diverse strutture, che regalano i libri ai bambini. Ci sono anche attività ludico-ricreative per distrarre i piccoli.

Ci sembra insomma di capire che l’elemento culturale sia molto presente. Crede nel binomio “cultura è salute”?

Certamente. Il benessere psicologico a mio giudizio aiuta molto anche quello fisico quindi far conoscere di più ai bambini, stimolare la loro curiosità, può dare una mano nel processo di guarigione. Crediamo molto nelle potenzialità dell’area pediatrica, che trasforma l’ospedale in un ambiente multidisciplinare, oltre che un luogo di cura, in uno spazio di sorpresa e benessere per bambini e ragazzi, che affrontano la malattia o anche lunghi percorsi terapeutici.