Cultura è Salute

Ironia per sopravvivere
di OLIVIA NINOTTI

“Spett.le Casa Editrice,

sono una Gatta di razza Scottish Fold e ho scritto un libro sulla psicopatologia della famiglia che mi ospita.

Il titolo è “Sembrava un British invece era un Merdish – Diario intimo di una Scottish“.

La sinossi si riduce alla storia di quando mi hanno comprata e portata in casa a vivere con loro (due “bua” e tre “bubbi”… se non capisce i termini, guardi il glossario).

In casa c’era già un’altra Gatta non –morta.

Poi è arrivato quello che è citato nel titolo.

In generale la gente ha bisogno di ridere, figuriamoci nel 2020 che è stato un anno davvero pessimo.

Lo sa che il 39% degli italiani possiede un pet? Le famiglie che hanno un gatto sono circa 4 milioni. Uno sproposito.

Il mio obiettivo è cercare di chiudere il mutuo della casa in cui sono carcerata e farli traslocare. I bua non ci riusciranno mai prima dei trent’anni come da contratto con IntesaSanpaolo.

Provi a vivere Lei chiuso in una casa sovraffollata senza balconi.

Rimango a disposizione tramite la bua (il suo CV è nell’indice).

Così a fine dicembre 2020 ho mandato in giro il mio manoscritto “Sembrava un Brtish, invece era un Merdish-diario intimo di una Scottish”.

Dovrei dire computer-nocturna-scritto.

Durante il primo lockdown del 2020, come Direttore sanitario, ho dovuto prender la decisione di chiudere gli ambulatori della riabilitazione. Siamo stati trai primi su Milano. Non avevamo dispositivi di protezione, non c’erano più disinfettanti, non c’era più sicurezza per nessuno. Noi lavoriamo con persone fragili, alcune fragilissime. La gente si ammalava, moriva. Hanno chiuso le scuole. Ci siamo ritrovati con bambini a casa, che non sapevano neanche cosa fosse la didattica a distanza. Il mio più piccolo andava in prima elementare. Nessuno ci dava risposte in quel periodo. Ci trovavamo di fronte al caos generale. Ho preso una decisione: ho chiuso gli ambulatori e ho chiesto a tutti gli operatori di attivarsi con risorse anche personali per la tele riabilitazione. E loro si sono attivati subito. Nessuno voleva abbandonare i propri pazienti.

Il bisogno era tanto, tantissimo, spropositato.

L’entusiasmo dai balconi è finito in poco tempo. I telegiornali erano bollettini di guerra.

Andrà tutto bene è diventato: sarà sempre peggio, chiusi in casa, mascherati, senza abbracci, senza incontri, senza nonni.

La giornata lavorativa e familiare, in un misto ambivalente tra il facciamoci forza e il vorrei scappare, durava 15-16 ore.

È arrivata l’insonnia.

O il burnout o la sopravvivenza.

Ho iniziato a scrivere di notte, sul passante, mentre l’acqua della pasta bolliva.

Ed è venuto fuori un libro umoristico che ha vinto il terzo premio per la narrativa inedita al Nabokov 2021 e ad aprile 2022 è uscito con Scatole Parlanti.

Parla di una famiglia moderna-tre figli, tre gatti e due genitori libero professionisti- vista con gli occhi molto intelligenti e cinici della gatta domestica ma in realtà, sotto sotto, si riflette sui legami affettivi, sulle fragilità e sulla ricerca di felicità che proprio il lockdown aveva messo a dura prova.

Pubblicato e diffuso, diversi colleghi mi hanno chiesto perché da neuropsichiatra e psicoterapeuta ho scritto un libro umoristico e non qualcosa sul disagio psicologico scatenato e acuito dal COVID.

Giusto.

I neuropsichiatri e gli psicoterapeuti sono esseri serissimi. Si scrive solo di ciò che si fa, mai di ciò che si è.

A me hanno sempre insegnato che l’essere umano ha due anime che si porta dietro da quando è neonato, quella del pianto e quella del sorriso.

È da adulti che diventiamo seri.

Gli studi e la professione sono un unico bel vestito che ci corazza.

Essere seri è la nostra credibilità di adulti.

Ma davvero?

Quando un bambino vede una scala, immagina di usarla come arrampicata alpina e discesa olimpionica con triplo salto mortale. E lo fa appena il genitore non lo guarda. Un adulto non pensa ad una scala come ad un parco giochi. Gli oggetti hanno uno scopo funzionale culturalmente determinato e per traslazione cognitiva così si trasforma la vita.

L’ironia è la giusta via di mezzo che in età adulta ci aiuta a conservare la creatività e l’immaginazione del bambino senza per forza sfracellarci da una scala.

Le persone ironiche non si chiedono a cosa serva la vita. Pensano a ricavarne il meglio anche quando il meglio per sé e quello per gli altri sembrano   l’ultima cosa possibile da trovare. L’ironia ci rende lucidi, è il giusto decentramento dalle scale della vita: è uno strumento ed è anche il risultato della consapevolezza della sofferenza esistenziale.

In fondo, citando le parole di Kierkegaard, l’ironia non è la verità, ma la via: un mare in cui ci si tuffa per prendere fiato quando l’aria è troppo pesante, “non certo per restarvi, ma per tornar felici a rivestirsi, leggeri e risanati”.

Perciò sì, “Sembrava un British invece era un Merdish” è un libro leggero che fa sorridere, ma fa anche pensare perché ha diversi piani di lettura. Del resto faccio la neuropsichiatra e la psicoterapeuta, non potevo non metterci un po’ del mio lavoro.

La creatività e l’immaginazione, alla fine e come sempre, salvano la mente.