17 Aprile 2023
Dopo i romanzi “Lucertole” e “Gli angeli di Barcellona” una nuova avventura letteraria per Minguelldel Lungo, laureata e specializzata in Anestesia e Rianimazione presso l’Università Cattolica di Roma. Oltre ai libri, colleziona anche viaggi.
Durante la sua vita ha passato brevi periodi di formazione in Paesi esteri, tra cui Finlandia e Giappone, e ha partecipato ad alcune missioni sanitarie in Africa. Attualmente vive con la sua famiglia in provincia di Barcellona. Nel cassetto aveva finora due sogni: uno è lavorare con Emergency e l’altro era diventare una scrittrice.
Lei è già autrice di due romanzi. Questo è proprio il caso di dire “non c’è due senza tre”?
Eravamo agli inizi del 2021, tutti reduci dall’impietoso 2020, anno terribile che ha rivoluzionato e finito vite, portando l’Umanità intera a riflettere sulle proprie azioni e soprattutto sul proprio destino. Io mi trovavo sul mio divano, a combattere con i malesseri della mia quarta gravidanza; poiché le bimbe andavano regolarmente a scuola e il lavoro in ospedale mi era precluso per rischio in gestazione, approfittavo del tempo libero per ultimare il mio terzo romanzo, tuttora inedito. La finestra del salotto mi apriva la vista sulla prateria della Valldan e sul profilo tagliato della Serra de Noet, che in inverno trasudano umidità nell’aria fredda della campagna dando vita a sottili strati di condensa nei loro limiti più estremi; resta così velatamente nascosto il blu dei campi e delle colline più lontane, che in un colpo d’occhio si lasciano abbracciare, attraversando tutto il Berguedà e il Bages, fino quasi a Barcellona, in una successione a scalare di strati di suolo via via più elevati e distanti, di un azzurro sempre più sfumato, fino ad arrivare all’imponente massa del Montseny, che sul margine dell’orizzonte si staglia discreto contro il cielo, quasi del suo stesso colore.
Stavo attraversando il periodo più duro, difficile e terribile della mia vita e riuscivo a trovare una fuga perfetta nella scrittura.
Ma la realtà continuava a circondarmi, con i suoi incubi, le sue consapevolezze e le sue mostruosità. Quattro cose mi tenevano a galla: le mie figlie, per le quali dovevo restare me stessa; quella piccola creatura ignara che portavo in grembo; la mia strenua voglia di vivere e le mie amiche. Tra di loro c’era Jacqueline, una ragazza cilena, conosciuta a Barcellona anni prima, con la quale non avevamo mai perduto il contatto. Da qualche mese ci eravamo ritrovate in momenti molto simili delle nostre esperienze di vita, e avevamo uno scambio continuo di messaggi e telefonate attraverso “la pozzanghera”, come si dice qua in Spagna, ovvero attraverso l’Oceano, poiché lei da anni era ritornata in Cile con la sua famiglia.
Quel mattino, mentre indugiavo con lo sguardo sui lontani confini del mio mondo, cercando di inserire nel mio romanzo il finale che avevo in testa, Jacqueline mi mandò un messaggio vocale: “Ho un’idea. Mi aiuti a scrivere un libro?”
Mi mandava a nozze!
Così lei mi espose il suo sogno di “Amándome durante 90 días”, che dopo circa un anno vedeva poi la luce con Europa Ediciones. Mi disse: “Ho visto un documentario in cui spiegano che per acquisire un’abitudine salutare l’essere umano ha bisogno di 90 giorni. Quale migliore abitudine che compiere un atto d’amore verso sé stessi? Cerchiamo 90 donne, una per ogni giorno, e che ciascuna ci racconti il suo atto d’amore verso sé stessa”. Per tutto ciò che ci univa, e facendo affidamento sul fatto che io avessi più esperienza di lei in ambito letterario ed editoriale, mi voleva come compagna di avventure. Per come fu concepito e come nacque questo libro, posso dire con fierezza di esserne una delle due madri. Ma per onestà intellettuale devo aggiungere che, in questo caso, Jacqueline sarebbe la donante di ovulo e io la prestatrice di utero.
L’incubazione è stata laboriosa per le sue caratteristiche di libro corale, ma è stata anche un’affascinante avventura. Come l’avete sviluppata?
Più che un atto creativo vero e proprio, come è la stesura di un romanzo composto di accoglienza, analisi, pazienza, revisione e inventiva. Si tratta di una raccolta di 90 storie di 90 donne, alle quali abbiamo chiesto di raccontare un episodio della loro vita in cui si sono ricentrate su sé stesse e hanno (ri) cominciato ad amarsi come donne, come persone, come protagoniste della propria vita. I racconti hanno provenienze diverse dall’Europa e Latino America; sono le donne che abbiamo potuto contattare, di diverse età ed estrazione socio-culturale: amiche, madri, sorelle, colleghe, vicine, cugine, quelle che io e Jacqueline avevamo in quel momento (di pandemia) a portata di mano. A portata di mano in senso figurato e letterale, poiché tutta la creazione del libro, dall’inizio alla fine, è avvenuta attraverso il WhatsApp e la posta elettronica! Abbiamo raccolto le testimonianze di 90 donne che ci hanno affidato i loro sentimenti e i loro segreti, molte sotto pseudonimo, volendoci raccontare un piccolo ma importante pezzo della loro vita. Alcuni racconti sono tragici e drammatici, raccontando di morti, abusi e violenze; altri sono felici e gioiosi, altri neutri. Traspare così una grande varietà umana, e allo stesso tempo molti comuni denominatori. Spesso le donne ci hanno raccontato di vite dedicate agli altri, di vite immolate a cause diverse dalla propria felicità, in cui si è perso il ruolo di protagonista della propria vita. E l’atto d’amore per sé stesse consiste in questi casi proprio nella rivendicazione di tale ruolo. Abbiamo riscontrato, purtroppo, una grande prevalenza di storie di maschilismo più o meno esplicito e violento, dove però emergono anche processi di riscatto ed emancipazione.
Perché questo libro ha anche un valore terapeutico?
Tutte le persone che hanno partecipato al libro sono state grate ed entusiaste, ognuna per motivi diversi, di poter raccontare la loro storia. Alcune hanno vissuto l’atto di scriverci la propria storia come una vera e propria terapia o cura grazie all’osservarsi da una nuova prospettiva; è qualcosa che nella vita quotidiana abitualmente non ci viene chiesto. Al di là del successo che sta avendo il libro nel pubblico di lettori e l’interesse dimostrato in centri culturali, scuole, università, biblioteche e librerie in Spagna e in Cile, la sorpresa è stata soprattutto l’attenzione che hanno posto su “Amándome durante 90 días” psicologi e psicoterapeuti. Il libro ha delle caratteristiche funzionali al setting terapeutico, in quanto rappresenta storie di vita delle più disparate in cui molte persone (uomini e donne) potrebbero riconoscersi, e assistere con la narrazione a come l’eroina nelle varie situazioni è uscita o ha risolto momenti difficili, duri, impossibili o semplicemente malsani. Ogni storia è un’esortazione a non arrendersi di fronte alle difficoltà, a cercare una via d’uscita, ad amare la vita, e quindi chi in prima persona la possiede. Messaggi di speranza e autodeterminazione vengono lanciati dalle nostre 90 donne a tutte le donne del mondo.
Il libro è utilizzato anche in un laboratorio di psicologia positiva per persone con bassa autostima e stiamo sviluppando alcuni progetti in fase embrionale a sostegno di donne vittime di violenza. Ancora una volta ho avuto la conferma di come la scrittura e la lettura possano far parte dei processi terapeutici.
Infine perché proprio 90 donne?
E se fossero stati 90 uomini, qualcuno si sarebbe sorpreso chiedendo “perché 90 uomini?”. La società ha bisogno urgente di portare l’attenzione sulla condizione della donna, sugli stereotipi di genere e sulla salute mentale in generale. Comunque abbiamo già in mente anche una versione maschile. Accettiamo volontari: mandateci la vostra storia alla mail amandomedurante90dias@gmail.com.