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MASCHERINE “INTELLIGENTI” contro il Covid

Oltre al progetto di ricerca legato ai nano sensori in grado di rilevare il Covid, il Dottor Luciano De Sio, coordinatore scientifico del Dipartimento di Scienze e Biotecnologie medico-chirurgiche di Latina, sta portando avanti altri importanti studi sul coronavirus. 

L’avevamo già intervistata sull’ambizioso progetto di ricerca che riguarda i nano sensori ma il suo team di ricerca sta portando avanti anche altre attività che riguardano la battaglia contro il Covid. Quali sono le più significative?

Una delle attività principali sulle quali stiamo lavorando in questo periodo riguarda la creazione di mascherine “intelligenti”. Ci siamo concentrati sui dispositivi di protezione perché da mesi se ne fa un uso massiccio. Abbiamo osservato durante la prima ondata pandemica che c’era una vera e propria emergenza legata a questi dpi perché ognuno di noi ha la necessità di cambiarla spesso o di munirsi di ffp2 ed ffp3. La nostra idea è quella di una mascherina che possa essere disinfettata tramite l’utilizzo della luce solare: per far ciò sfruttiamo anche stavolta le immense potenzialità delle nanotecnologie perché sono in grado di assorbire la luce solare, provocando quindi una conversione della luce in calore. Ci stiamo concentrando, in particolare, sulle mascherine ffp2 perché sono quelle utilizzate dal personale sanitario, che attualmente rappresenta la categoria più esposta al virus. L’idea è quella di sterminare i batteri o i virus quindi si tratterebbe di una sorta di disinfettante termico, che funziona mediante l’esposizione alla luce solare, ma anche luce-ambiente o luce dello smartphone, che potrebbe essere assorbita da questa struttura, e consentirebbe alla stessa mascherina di avere un’efficienza di filtraggio molto più ampia di adesso.

Vi siete inoltre concentrati su un altro aspetto ovvero la diversa conformazione del viso di ogni persona, che non sempre consente alle mascherine di essere performanti. Qual è la vostra proposta in tal senso?

Stiamo lavorando a delle mascherine personalizzate proprio perché la conformità di questi dpi può essere diversa a seconda di chi la indossa. Chiaramente è impensabile che si possano ottenere delle mascherine personalizzate per tutti, siamo miliardi di persone, ciò sarebbe impossibile! Ma anche qui concentriamo la nostra attenzione sul personale sanitario, perennemente esposto, dunque più a rischio. Tramite un’intensa collaborazione con un team di ricerca del Portogallo, che ha creato un catalogo digitale che mette insieme diversi profili di diverse conformazioni del viso, si sta studiando come l’intelligenza artificiale possa aiutare a creare un dpi ottimale. Partiamo da questa idea per ipotizzare di stampare una mascherina low cost, che possa essere disinfettata diverse volte al giorno; in più abbiamo inglobato una diversa tipologia di nano materiale, come il rame, che ha fortissime proprietà antibatteriche, in modo tale che la superficie della mascherina sia maggiormente antibatterica. Inoltre, grazie alla luce termica, il dpi può essere continuamente sterilizzato. Si tratta di un progetto di portata internazionale, c’è una sorta di catena di montaggio, non si può pensare che una sola unità faccia tutto da sola! Noi forniamo i nano materiali poi si verifica la performance della mascherina. Dopodiché non sappiamo quanto questi nano materiali possano inficiare la capacità di filtraggio quindi inviamo dei campioni di mascherina e si fanno dei test di verifica. La conoscenza avviene sul campo e nel tempo, grazie alla diversa sinergia tra diverse figure professionali, altamente specializzate, come chimici, ingegneri e biologi, che lavorano per metterla a sistema.

Di che tempi si parla, anche alla luce dei tanti stop e del lockdown dei mesi scorsi, che certamente ha rallentato i tempi della ricerca?

Per realizzare questa mascherina abbiamo bisogno di capitale umano e di poter lavorare con costanza: uno dei maggiori problemi scaturiti dal lockdown della scorsa primavera è stato proprio quello della chiusura del laboratori di ricerca.  Attualmente ci avvaliamo del prezioso supporto di studenti e laureandi, che però in caso di lockdown hanno delle evidenti limitazioni; in più, quando siamo in presenza, bisogna garantire distanziamento e sicurezza personale quindi stiamo operando su turni cadenzati per garantire un calendario dinamico, ma nel rispetto delle regole. Se fossimo un’azienda, che può lavorare a tempo pieno, nel giro di un anno si potrebbe avere un dispositivo collaudato. Così non si può e questo chiaramente comporta un allungamento delle tempistiche. In più stiamo andando avanti con l’ambizioso progetto di ricerca che riguarda la capacità delle mascherine di misurare presenza di virus nell’area, attraverso un colorimetro, quindi un dispositivo piccolo da poter integrare su aree specifiche della stessa mascherina per generare un alert. Sarebbe un cambio di passo veramente importante!  Inoltre sarebbe di facile utilizzo quindi aiuterebbe moltissimo a segnalare eventuali rischi o pericoli. Negli anni passati, purtroppo, non si è investito a sufficienza nella formazione dei giovani e dei ricercatori ed abbiamo perso tante menti brillanti. L’impegno dei singoli non è sufficiente. A livello nazionale abbiamo già sottoposto un progetto alla Regione Lazio ed anche al ministero, ma stiamo lavorando anche ad un progetto europeo per avere più forza, che ci permetta di affrontare questi percorsi. La ricerca è estremamente costosa, richiede tempo e persone.