Storie

L’isola che non c’è
di GIOVANNI TOMASSINI

16 Maggio 2022

Ero da poco uscito dall’Ospedale. Uscito nel senso che ero andato in pensione. Avevo anche lasciato l’incarico di giudice onorario presso la Corte d’appello minorile in quanto incarico non più compatibile con altri. Mi telefona Clara della cancelleria del Tribunale: “Dottore accetterebbe una Consulenza tecnica per il giudice per stabilire l’età anagrafica di due persone?”. Lì per lì rimasi in dubbio se accettare sia perché ero oberato di lavoro, sia perché non mi ritenevo, per la consuetudine della mia professione, all’altezza, sia perché gli onorari dei CTU erano (e sono) veramente ridicoli. “Mi ci faccia pensare, domani passo in Tribunale e mi spiegherà meglio”.

Se al telefono avevo avuto, come detto, dei dubbi, il giorno dopo, dopo aver preso conoscenza del caso, i dubbi sarebbero dovuti diventare certezze. Non dovevo accettare l’incarico. E invece, come spesso mi capita, più ho motivi per dire no più facilmente dico sì. Alla faccia della razionalità! Il caso di cui mi dovevo occupare riguardava il penale. Esattamente dovevo esaminare due pirati che, insieme ad altri, avevano partecipato nell’Oceano indiano al sequestro della nave Montecristo con decine di persone a bordo, comandante, ufficiali e marinai. Nella colluttazione seguita all’arrembaggio, vennero ferite gravemente tre persone, una di queste morì nei giorni successivi. L’equipaggio, rinchiuso per due giorni nella stiva, venne liberato dai marinai di una nave militare inglese accorsa dopo l’allarme. I pirati furono accompagnati in Italia e condannati a svariati anni di carcere. Due di questi, senza documenti e conoscendo a malapena la loro lingua, sostenevano, tramite i loro avvocati, di essere minorenni e costretti dai capi a delinquere senza immaginare le conseguenze del loro crimine. In attesa della CTU vennero separati dagli altri e detenuti nel carcere minorile di Nisida.

Partii da Roma in una bella giornata di sole, consapevole della responsabilità che mi ero assunto: il grave reato di cui si erano macchiati li aveva condannati in primo grado a marcire per tanti anni in galera. Ma se fossero stati realmente minorenni, in considerazione anche dello stato di sottomissione ai capi e del non essere materialmente i feritori e gli uccisori, se la potevano cavare con qualche anno di reclusione in un istituto minorile, ben diverso da un carcere dove, forse, non avrebbero avuto nessuna speranza di un futuro. Certo, in ogni caso, la privazione della libertà è sempre motivo di tristezza anche se inevitabile.

Arrivai in questa microscopica isola, legata al continente da un filo di terra. Un grande cancello separava i liberi dagli altri e superandolo non potevi non avvertire una sensazione di disagio nel pensare che da quel momento anche tu eri sotto controllo. Ma durò pochissimo. Il viale che, in leggera salita, mi accompagnava all’istituto era circondato da moltissime piante lussureggianti, fiori dai mille colori, una piccola cascata di acqua sorgiva che formava delle pozze cristalline. Una specie di Eden in terra. E poi più in alto, campi da tennis in terra battuta, un campo di calcio in erba perfettamente tagliata e ancora più su, vicino agli edifici, due campi da basket all’aperto, dove si stavano allenando una ventina di ragazzi di ogni etnia. Rimasi abbastanza sconcertato, tanto che il direttore, che nel frattempo mi era venuto incontro, leggendomi nel pensiero, mi fece: “Non è abituato eh!” Ammisi che in effetti non ero abituato a frequentare istituti di rieducazione e che certo non me lo aspettavo. Mi fece visitare le abitazioni dei ragazzi, la scuola, le officine. Incredibile la pulizia, la modernità degli ambienti.

Pareva un villaggio vacanze. Anche i colori degli ambienti invitavano all’ottimismo che comunque traspariva dai volti dei ragazzi. Prima di visitare i due presunti minori, il direttore volle farmi una sorpresa. Mi portò nella palazzina della direzione nella parte più alta dell’isola. Salimmo una rampa di scale e sorpresa delle sorprese mi ritrovai su una terrazza enorme e soleggiata a picco sul mare come la tolda di una nave. Davanti Capri, la penisola sorrentina, il golfo di Napoli e tante piccole insenature con una meravigliosa acqua cristallina. Ai lati della terrazza, immerse nella fitta vegetazione dei piccoli casali ad uso dei dipendenti dell’istituto. Visitai i ragazzi, constatai la loro minore età e ripresi la strada del ritorno. A distanza di tempo ho deciso di riportare questo episodio alla memoria e soprattutto mi pareva giusto condividerlo. La realtà spesso si confonde con il sogno e la vita ci regala raramente questi sogni.