Pareri a confronto

La guerra e la pandemia
di PATRIZIA LAVIA

7 Marzo 2022

Patrizia Lavia – CNR Istituto di Biologia e Patologia Molecolari, Roma

La guerra e la pandemia sembra un titolo che evoca altri secoli e fa pensare ad uno dei quadri più drammatici di Bruegel il Vecchio, “Il trionfo della morte” del 1562.

Pieter Bruegel il Vecchio – “Trionfo della morte”, 1562ca, olio su tavola, 117x162cm

Invece parliamo di adesso e dobbiamo tentare qui di dare un breve aggiornamento, per quanto possibile, sulla situazione COVID-19 mentre una guerra infuria alle porte di casa nostra. Oltre alla devastazione di città e spostamenti di popolazioni cui tutto è stato distrutto, non dobbiamo trascurare aspetti che interessano direttamente la scienza, la ricerca e l’assistenza medica.

La ricerca

Sul fronte della ricerca, ovviamente la guerra ha distrutto ogni attività di ricerca in Ucraina, avendo distrutto ogni aspetto della vita quotidiana e tanto più quelli che richiedono perseveranza continua. Lo raccontano le principali riviste scientifiche:

Nature
The Scientist

Le conseguenze a lungo termine di questa brutale interruzione si vedranno a medio-lungo termine. Nel breve termine, ne abbiamo avuto un assaggio il 5 Marzo, quando i Russi hanno bombardato la centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa, e un brivido è corso lungo tutte le nostre schiene.  I bombardamenti hanno provocato un incendio nella parte convenzionale dell’impianto. Tuttavia, gli edifici di contenimento dei reattori sono a prova di artiglieria convenzionale ed i reattori di tipo VVER della centrale sono più sicuri in circolazione: infatti, le agenzie Europee di monitoraggio non hanno rilevato aumenti della radioattività ambientale. Non vogliamo immaginare che nessuno voglia causare davvero un incidente nucleare, il cui fall-out ricadrebbe sulla stessa Russia, ma è certo che la sospensione delle attività di ricerca ha, tra le possibili conseguenze, anche l’abbandono del monitoraggio e della manutenzione di situazioni che non possono essere abbandonate.

La cooperazione scientifica è un aspetto irrinunciabile dell’avanzamento delle conoscenze.  All’indomani dell’invasione dell’Ucraina, già il 24 Febbraio, prima che si manifestasse l’escalation distruttiva che oggi vediamo, la prima accademia scientifica a richiamare alla solidarietà con l’Ucraina e alla necessità di negoziati immediati è stata l’Accademia delle Scienze della Lettonia, cui si sono aggiunte man mano le accademie, università e centri di ricerca di tutto il mondo. Per l’Italia, uno degli appelli più autorevoli viene dall’Accademia dei Lincei.

È doveroso sottolineare che anche alcune centinaia di scienziati russi, compresi due premi Nobel, hanno firmato una lettera contro la guerra all’Ucraina ed hanno chiesto al mondo scientifico di diffonderla. Questi colleghi corrono rischi enormi in Russia. Scrivendo queste note il 6 marzo, noi sappiamo che con la nuova stretta di Putin sull’informazione, ognuno dei firmatari della lettera rischia fino a 15 anni di carcere. È possibile, e anzi altamente probabile, che la pagina trv-science.ru venga presto o tardi chiusa. Al momento è ancora possibile leggere la traduzione italiana della lettera e, prima che scompaia, ci sembra doveroso riportarne la traduzione qui.

Lettera aperta degli scienziati e russi contro la guerra con l’Ucraina 26.02.2022

Noi, i sottoscritti studiosi, scienziati e giornalisti scientifici russi, dichiariamo la nostra ferma opposizione alle azioni di guerra del governo russo contro il popolo Ucraino sul territorio del loro paese. Questo passo fatale porta a enormi perdite umane e mina le basi del sistema di sicurezza internazionale. La responsabilità di una nuova guerra in Europa è interamente della Russia.
Non ci sono giustificazioni razionali per questa guerra. È assolutamente chiaro che l’Ucraina non rappresenta una minaccia per la sicurezza della Russia e i tentativi di usare la situazione nel Donbass come pretesto per lanciare un’operazione militare sono totalmente artificiali. La guerra contro l’Ucraina è ingiusta e, francamente, non ha senso.
L’Ucraina è sempre stata e sempre sarà un paese che ci è vicino. Molti di noi hanno parenti, nonni e colleghi che vivono in Ucraina. I nostri nonni e bisnonni hanno combattuto insieme contro il nazismo, e scatenare una guerra che giova le ambizioni geopolitiche del leader del governo russo, guidato da dubbie fantasie storiche, è un cinico tradimento della loro memoria.
Rispettiamo lo stato ucraino, che si basa su istituzioni democratiche realmente funzionanti e siamo solidali con l’orientamento dell’Ucraina verso l’Unione Europea. Siamo convinti che tutti i problemi nelle relazioni tra i nostri paesi possano essere risolti pacificamente.
Dopo aver scatenato la guerra, la Russia si è condannata all’isolamento internazionale, alla posizione di paese paria. Ciò significa che noi scienziati non saremo più in grado di svolgere normalmente il nostro lavoro, perché condurre ricerca scientifica è impensabile senza cooperazione e fiducia con i colleghi di altri paesi. L’isolamento della Russia dal mondo significa un ulteriore degrado culturale e tecnologico del nostro Paese, con una totale assenza di prospettive positive. La guerra con l’Ucraina è un passo verso il nulla.
Siamo amareggiati nel renderci conto che il nostro Paese, che ha dato un contributo decisivo alla vittoria sul nazismo, ha ora istigato una nuova guerra sul continente europeo. Chiediamo l’arresto immediato di tutte le operazioni militari dirette contro l’Ucraina. Chiediamo il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale dello Stato ucraino. Chiediamo pace per i nostri paesi.
Facciamo scienza, non guerra!

Non possiamo che augurarci che queste voci di dissenso, insieme alla sospensione di tutti i finanziamenti alle componenti russe dei progetti Europei, contribuiscano a rafforzare la ricerca di soluzioni diplomatiche.

In questo momento, due appaiono le principali ripercussioni della guerra sulla situazione sanitaria e sulla pandemia da SARS-COV-2, che in qualche modo ci riguardano.

Il destino dei malati Ucraini

La prima questione riguarda il destino dei malati che erano ricoverati in strutture sanitarie e ospedaliere in Ucraina e che hanno dovute essere evacuate. Un appello particolarmente toccante è stato lanciato dal progetto Europeo sulle malattie rare, per l’Italia coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità (Dott.ssa Domenica Taruscio). I pazienti affette da queste patologie appunto rare e spesso molto severe hanno bisogno di particolari cure e attenzioni. Tutte le strutture che possono dare disponibilità sono chiamate a rispondere.

Chiamata urgente per volontari per aiutare le persone con malattie rare dall’Ucraina – Urgent call for volunteers to help people with a rare disease from Ukraine

I rifugiati, l’accoglienza e il vaccino anti-COVID-19

I paesi Europei si stanno preparando ad accoglierei i rifugiati di guerra, con uno sforzo eccezionale anche della Croce Rossa Italiana che ha iniziato il 3 Marzo a mandare i suoi convogli sanitari nelle zone di guerra e di frontiera. Durante questa preparazione, la Fondazione Gimbe ha fatto rilevare che in Italia, nella settimana che si è conclusa il 3 Marzo, tutti gli indicatori di COVID-19 hanno continuato ad essere in calo: nuovi casi, nuovi ricoveri negli ospedali, numero di decessi.   Il monitoraggio della Fondazione Gimbe è indipendente e nelle ultime settimane è stato rassicurante, registrando un calo costante da cinque settimane.

Tuttavia, mentre il governo Italiano ha deciso la fine dello stato di emergenza il 31 marzo e l’uscita graduale dalle restrizioni entro l’estate, il presidente della fondazione, Nino Cartabellotta, pone l’attenzione su due potenziali problemi:

  1. I numeri sono in calo anche per i vaccinati: i nuovi vaccinati sono diminuiti del 34,4%. Se da un lato questo è normale, poiché l’85,5% della popolazione italiana è vaccinata, restano tuttavia ancora sette milioni di italiani che non hanno ricevuto neanche una dose.
  2. Un secondo allarme riguarda la disomogeneità delle vaccinazioni in Europa. Il report del Centre for Disease Control Europeo (ECDC) ha pubblicato la mappa dei paesi EU al 27 febbraio, in cui vede un progressivo declino del tasso di vaccinazione spostandosi verso Est. In particolare, la Fondazione avverte il governo Italiano: il Governo si prepari a proteggere i profughi, offrendo loro il vaccino, poiché il 63,8% della popolazione Ucraina non è vaccinato. Al 5 marzo, si aveva una stima di circa 11 mila profughi accolti in Italia ai quali va prestata immediata assistenza vaccinale. Naturalmente questi rifugiati non sono iscritti al SSN e molte regioni hanno allestito hub appositi, come ad esempio Roma Termini.

La pandemia non è finita

Purtroppo, mentre sullo scenario internazionale infuria la guerra, la pandemia non è finita ed occorrono lucidità e vigilanza.  I ricercatori continuano a seguire SARS-COV-2. Nature ha pubblicato un aggiornamento interessante.
Tre domande sono particolarmente importanti per il prossimo futuro.

  1. Quando emergerà la prossima nuova variante?
    È molto probabile, se non certo, che emergeranno nuove varianti preoccupanti (Variant of concern, VoC – così sono definite le mutazioni di SARS-COV-2 che acquistano maggior velocità di trasmissione, o che causano malattia più severa, o che diventano capaci di eludere la risposta immunitaria, rispetto al ceppo prevalente). Secondo alcuni epidemiologi, la dinamica delle varianti di SARS-COV-2 emerse dall’inizio della pandemia suggerisce che la comparsa di nuove VoC segue una certa regolarità. Ora si sta osservando che da quando è diventata dominante Omicron, che produce effetti relativamente meno severi della variante Delta, dominante fino a quel momento, il tracciamento è diminuito in molti paesi tra cui UK. Si teme perciò che l’identificazione e la eventuale fissazione di nuove mutazioni possa essere meno stringente che in passato. I ricercatori richiamano quindi l’attenzione delle autorità sanitarie sulla necessità di non essere troppo lassi nel tracciamento.
  2. La nuova variante causerà patologie più severe?
    Un possibile errore è quello di pensare che, siccome Omicron causa malattia meno severa di Delta, in particolare al livello dei polmoni, allora si possa concludere che il virus stia avendo una evoluzione “benigna”. Questo è sbagliato, per il semplice fatto che nessuna variante finora emersa si è originata per evoluzione dalla variante precedentemente dominante, ma tutte sono emerse da nuovi ceppi di SARS-COV-2. Dunque non è affatto detto che la prossima variante si evolverà da Omicron, considerata “blanda”. Probabilmente potrebbe invece comparire da ceppi indipendenti, causando quindi effetti che non possiamo prevedere.
  3. I vaccini proteggeranno dalle nuove varianti?
    In questo campo Omicron fornisce interessanti indicazioni. In particolare, abbiamo visto che gli anticorpi perdono di efficacia dopo un lasso di tempo variabile tra individui ma comunque nell’ordine dei 4- 6 mesi, ma gli anticorpi rappresentano solo una parte della reazione immune. Un ruolo importante è giocato anche dai linfociti T, che eliminano le cellule infettate. La buona notizia è che questa classe di linfociti è meno ristretta: infatti, una volta indotti dalla proteina spike vaccinale (che, ricordiamolo, è ancora quella del ceppo Wuhan originale), i linfociti T sono in grado di reagire bene anche con nuove varianti di SARS-COV-2 (una proprietà definita cross-reattività). Uno studio recente ha inoltre documentato che immunizzazioni ripetute (sia attraverso vaccinazioni che attraverso infezioni da parte del virus) amplificano la risposta dei linfociti B. In generale, tutti gli studi continuano quindi a dimostrare l’importanza della vaccinazione.

In conclusione, questo breve articolo – che non ci saremmo mai aspettati di scrivere in un’atmosfera di guerra – lascia aperti alcuni pochi spiragli nei quali vogliamo con forza sperare: la protesta interna alla Russia, la compattezza della reazione Europea, e il fatto che la scienza non abbassi la guardia.